Papa Francesco riammette alla piena comunione ecclesiale i sette vescovi cinesi che in passato erano stati nominati e ordinati senza il consenso della Santa Sede. E nel contempo istituisce una nuova diocesi in territorio cinese, per la prima volta dalla nascita della Cina comunista.

In due note diffuse dopo meno di due ore dal comunicato che annunciava la storica firma dell’Accordo provvisorio tra Cina e Santa Sede sulle nomine dei vescovi cattolici in Cina, Vaticano e governo cinese rendono pubbliche due prime decisioni concrete prese da Papa Francesco nel quadro delle consultazioni sino-vaticane che hanno portato all’intesa: il Successore di Pietro, «al fine di sostenere l’annuncio del Vangelo in Cina» - riferisce la prima nota - ha deciso di riammettere nella piena comunione ecclesiale «i rimanenti vescovi “ufficiali” ordinati senza mandato pontificio», cioè senza il consenso della Santa Sede. I sette vescovi sono Giuseppe Guo Jincai, Giuseppe Huang Bingzhang, Paolo Lei Shiyin, Giuseppe Liu Xinhong, Giuseppe Ma Yinglin, Giuseppe Yue Fusheng, Vincenzo Zhan Silu e Antonio Tu Shihua, O.F.M. Quest’ultimo è deceduto il 4 gennaio 2017, ma prima di morire aveva – chiarisce la nota – espresso il desiderio di essere riconciliato con la Sede Apostolica. Il testo diffuso dalla sala Stampa vaticana riporta anche l’auspicio di Papa Francesco che con le decisioni prese «si possa avviare un nuovo percorso, che consenta di superare le ferite del passato, realizzando la piena comunione di tutti i Cattolici cinesi», e ricorda che la Comunità cattolica in Cina «è chiamata a vivere in più fraterna collaborazione, per portare con rinnovato impegno l’annuncio del Vangelo. Infatti, la Chiesa esiste per testimoniare Gesù Cristo e l’Amore perdonante e salvifico del Padre».

Nel 2011, davanti all’ultima crisi-sino-vaticana provocata dalla celebrazione di nuove ordinazioni episcopali illegittime, la Santa Sede aveva dichiarato - per la prima volta in maniera esplicita, nel lungo “dossier” cinese - che i vescovi cinesi consacrati in maniera illegittima e quelli consacranti erano incorsi nella pena canonica della scomunica latae sententiae (automatica). Ma in quel contesto, il 6 giugno 2011, una dichiarazione del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi (firmata dal cardinale Francesco Coccopalmerio e dal vescovo Juan Ignacio Arrieta, dell’Opus Dei, e pubblicata l’11 giugno seguente sull’Osservatore Romano), aveva diffuso una dichiarazione per ricordare, tra le altre cose, le «circostanze attenuanti» da tener presenti nei casi di ordinazione episcopale illegittima, quando «la persona che commette il delitto come ordinante o come ordinato, è “costretta da timore grave, anche se soltanto relativamente tale, o per necessità o per grave incomodo”».

La seconda nota diffusa dalla Sala Stampa vaticana. E in contemporanea dal governo cinese, informa che il Papa, «nel desiderio di promuovere la cura pastorale del gregge del Signore e per attendere più efficacemente al suo bene spirituale», ha deciso di «costituire nella Cina Continentale la diocesi di Chengde», incardinandola nel sistema diocesano locale come diocesi «suffraganea di Beijing, con sede episcopale nella chiesa cattedrale di Gesù Buon Pastore». Alla guida della diocesi di Chengde c’è Giuseppe Guo Jincai, segretario della Conferenza episcopale cinese (organismo non ancora riconosciuto dalla Santa Sede), uno dei sette vescovi canonicamente legittimati e riaccolti nella piena comunione da Papa Francesco nel contesto delle trattative che hanno portato all’accordo tra Cina e Santa Sede. Ma la diocesi di Chengde non esisteva finora nella lista delle diocesi cattoliche riportata nell’Annuario pontificio, visto che è stata fondata su input delle autorità cinesi nel maggio 2010, per far coincidere le diocesi con le strutture amministrative provinciali. La costituzione della nuova diocesi da parte del Papa è un primo esempio di come Santa Sede e governo cinese affronteranno e tenteranno di risolvere uno dei temi sul tavolo delle future trattative sino-vaticane: la disparità tra la rete reale delle diocesi cattoliche in Cina, rimodellata negli ultimi decenni dalle autorità cinesi – quasi sempre seguendo il criterio di far coincidere i confini delle diocesi con quelli delle circoscrizioni politiche e amministrative - e la struttura diocesana cinese ufficialmente riconosciuta nei documenti ufficiali vaticani, corrispondente alla divisione delle diocesi cattoliche in vigore prima dell’avvento al potere di Mao Zedong.

Nell’Annuario pontificio sono ancora i nomi delle vecchie diocesi cinesi, ma non vi compaiono i nomi dei vescovi titolari delle diocesi, sostituiti da dei puntini di sospensione.

L’istituzione della nuova diocesi riconosce una circoscrizione ecclesiastica che era stata costituita su input del governo cinese e senza autorizzazione della Santa Sede. Nello stesso tempo, per la prima volta, i governanti cinesi accettano il principio che le nuove circoscrizioni ecclesiastiche vengono erette dalla Santa Sede, e riconoscono l’autorità del Papa nella creazione delle diocesi in territorio cinese.

LEGGI ANCHE - Cina, “accordo per aiutare le Chiese locali a godere di più libertà”

I commenti dei lettori