Il Decreto Salvini c’è. Il ministro lo annuncia quand’è ancora in corso il Consiglio dei ministri, con uno dei suoi tweet: «Approvato all’unanimità». È forse il punto che più gli sta a cuore, perché non era scontato che i Cinque Stelle digerissero questa gran svolta securitaria. E non è detto che non ci siano sorprese nel percorso parlamentare, sempre che il decreto passi indenne il vaglio del capo dello Stato. Dall’ala sinistra del Movimento, quella che si rifà al presidente Roberto Fico, filtra un notevole malumore per alcune scelte forti. E lo stesso Luigi Di Maio lascia capire che ci saranno novità. Perciò Salvini dichiara che il decreto non è blindato, però «è stato il decreto più condiviso, modificato e aggiornato nella storia del governo. Sono contento che ci fossero sia Conte che Di Maio a dare l’imprimatur».

Quanto alle perplessità del Quirinale, «c’è stata un’interlocuzione. Non dico che Mattarella abbia approvato eccetera, non sarebbe rispettoso del galateo istituzionale... Il Presidente avrà tutto l’agio di fare eventuali rilievi».

Un decreto che farà discutere, insomma. Così come è successo ieri fino all’ultimo. Fonti di governo M5S rivendicano la norma che consente di togliere la cittadinanza soltanto in caso di condanna definitiva per terrorismo: attendere il terzo grado di giudizio, viene spiegato, è una richiesta a cui Salvini ha dovuto acconsentire in extremis anche su pressing del premier Giuseppe Conte.

La stretta è in effetti clamorosa. Si traccia un percorso per cui moltissimi richiedenti asilo, qualora arrestati a raffica, ad esempio per spaccio, rischiano l’espulsione nonostante lo status. «Se il richiedente asilo è ritenuto pericoloso - spiega infatti Salvini - lo si accompagna in un Cpr e inizia l’attività di espulsione. È stata questa una delle mediazioni suggerite, raccolte e raggiunte». I giorni di permanenza nei Centri di permanenza per i rimpatri, peraltro, vengono estesi a 180.

Clamorosa anche la possibilità di trattenere negli hotspot i migranti appena sbarcati per 30 giorni al fine di identificarli (attualmente erano 3 giorni), estensibili per altri 180 giorni tenendoli ristretti nei Centri per il rimpatrio. Al momento, la misura non è attuabile, dato che nei Cpr ci sono a malapena 400 posti disponibili. Ma Salvini mira a far crescere velocemente i numeri: c’è un articolo nel decreto che permetterà di velocizzare i cantieri, anche «con il ricorso alla procedura negoziata con invito ad almeno cinque operatori economici, senza previa pubblicazione di bando di gara». E tutto resterà sulla carta se non riuscirà ad aumentare i rimpatri: per questo motivo annuncia un prossimo viaggio in Tunisia e in Nigeria.

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Inutile dire che Salvini su questo decreto che porta il suo nome ci ha impostato tutta la comunicazione della giornata. Non soddisfatto, ha aperto anche il fronte dei rom: «La questione rom non è ricompresa in questo decreto. L’obiettivo è arrivare nell’arco del mandato di questo governo è la chiusura di tutti i campi rom in ogni città italiana. L’obiettivo è campi rom zero».

Inutile dire che si è aperto un fuoco di polemiche. «Ennesima risposta sbagliata», dice la Cgil. I gesuiti del Centro Astalli esprimono «preoccupazione per gli effetti che le nuove misure potranno avere sulla vita dei migranti e sulla coesione sociale dell’intero Paese». Medici senza Frontiere critica innanzitutto che «il decreto sembra orientato a smantellare ulteriormente il sistema di accoglienza italiano, già fragile e precario, a prolungare la detenzione amministrativa di persone che non hanno commesso alcun crimine, e a ridurre le protezioni attualmente disponibili per persone vulnerabili». E sostiene Maurizio Martina, il segretario del Pd: «Con il Decreto Salvini più insicurezza e più clandestinità. Meno diritti e meno doveri. Così il Paese rischia».

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