E’ il primo fra gli arrestati nella maxi operazione dei carabinieri sulla presunta «locale» di ’ndrangheta di Costigliole ad uscire dal carcere.

Giuliano Sandro Caruso, 49 anni, imbianchino, conosciuto negli ambienti della tifoseria milanista con il soprannome di «Satana», è ritenuto coinvolto in due episodi registrati tra il 2015 e il 2016 dalle microspie degli investigatori.

Caruso avrebbe partecipato insieme a Salvatore Stambè, 41 anni, appartenente alla famiglia di origine vibonese considerata egemone sul territorio costigliolese, ad un’estorsione ad un ladro. Un disoccupato del paese che avrebbe rubato un mini escavatore e arredamenti a casa di un pensionato defunto.

La figlia dell’anziano, dipendente di una pubblica amministrazione e conoscente di Caruso, si sarebbe rivolta a «Satana» per cercare di riottenere il maltolto o quantomeno una parte.

Secondo la tesi della procura distrettuale antimafia Caruso e Stambè, dopo aver compiuto un’indagine sul territorio per scoprire il colpevole, avrebbero preteso 2500 euro di indennizzo dal ladro minacciandolo di morte.

Durante il colloquio i due avrebbero affermato che il paese di Costigliole era controllato da loro stessi, cioè dalle propaggini della grande organizzazione malavitosa calabrese, e quindi un furto non era tollerabile in quanto dannoso per l’immagine del «sistema criminale».

L’altra ipotesi contro l’imbianchino (noto alle cronache per essere stato il «difensore televisivo» di Michele Buoninconti nel caso di Elena Ceste), è di aver organizzato una rapina nell’abitazione di un altro anziano costigliolese per portare via i suoi fucili da caccia.

Caruso, al quale i pm della Dda di Torino non hanno contestato l’appartenenza alla presunta organizzazione malavitosa ma solo l’aggravante di aver agito con metodo mafioso, è stato interrogato dai magistrati alla presenza del suo avvocato, Alberto Masoero.

Al termine del confronto, durante il quale ha negato l’accusa di rapina e fornito una versione dei fatti diversa per quanto riguarda l’estorsione al ladro, «Satana» ha ottenuto gli arresti domiciliari.

E’ il primo, fra gli accusati di reati aggravati dal metodo mafioso ad uscire dal carcere. «Il mio cliente non ha ammesso responsabilità penali, affermando di essersi limitato a cercare di aiutare un’amica - dice l’avvocato Masoero - Vorrei chiarire che però ha completamente preso le distanze dalla ’ndrangheta».

Solo un altro tra i 26 finiti in carcere aveva in precedenza ottenuto gli arresti domiciliari: è Ivan Venturelli, 37 anni, incensurato entrato nell’indagine per l’ipotesi di aver fatto da basista di una rapina in abitazione nel 2016 a Calosso, commessa da altri due personaggi travestiti da falsi finanzieri. Il suo nome era emerso casualmente dalle intercettazioni telefoniche.

Il fascicolo di Venturelli, difeso dall’avvocato Aldo Mirate, è stato trasmesso dal gip distrettuale Giacomo Marson alla procura di Asti, non trattandosi di una contestazione di mafia. Il caso è seguito dal pm Laura Deodato

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