Caro Bei,

il governo del cambiamento è il modello fissato dal nuovo esecutivo. Però cambiare, nel comune gergo, significa non solo innovare ma esaminare o modificare leggi già esistenti. L’esempio più eclatante è quello delle Province le quali attualmente non sono, come suol dirsi, né carne né pesce perché studiate dal precedente esecutivo per essere soppresse. Invece risultano vive e vegete, specialmente per alcune importanti funzioni (strade e scuole) pur essendo queste quasi prive della copertura finanziaria. E il discorso potrebbe essere esteso ad altre istituzioni. Insomma, il primo compito del nuovo governo dovrebbe essere quello di analizzare, modificare o completare la funzione legislativa già svolta dal precedente esecutivo.

Nicodemo Settembrini, Arezzo

Gentile Bei,

dove sono finiti quelli che «bisogna mantenere i conti in ordine»? Come si risponde alle parole di Draghi che invita a moderare i termini perché ogni affermazione nell’era della globalizzazione ha una ripercussione sui conti pubblici? Ma per i due «Dioscuri» non ci si può impiccare ai decimali o allo spread che sale, perché è scritto nel contratto; tutti sono tecnocrati o burocrati, loro sono stati eletti dal popolo. Io a questa politica non ci sto. Vorrei evitare che le generazioni, attuali e future, debbano pagare l’arroganza e l’incompetenza di un governo destinato a lasciare macerie sociali ed economiche, anche per chi li ha votati. È bene che chi non è d’accordo con questo governo si faccia sentire, il silenzio è complice. Io non ci sto.

Mario Stoppini

Cari lettori,

stiamo ricevendo molte lettere come queste. Segno forse che il vento sta cambiando? È presto per dirlo. I sondaggi ci raccontano che l’Italia è ancora in luna di miele con questo governo. Ma si colgono i primi segnali di delusione.La mia sensazione è che gli attacchi sui social al ministro Toninelli per la vicenda del Ponte Morandi costituiscano la punta dell’iceberg di un’opinione critica che sta crescendo. Con la manovra economica Lega e M5s hanno l’opportunità di imprimere una svolta al Paese. La prova del nove della loro capacità di governo è qui e ora, altre occasioni non ce ne saranno.

Francesco Bei: «ho 47 anni, da 27 faccio il giornalista: quando ho cominciato c’erano Andreotti e Craxi, adesso osservo con curiosità i nuovissimi Salvini e Di Maio, in attesa dei prossimi. Prima di finire in questa gloriosa palestra di giornalismo sono passato da tante parti, ma ricordo qui la prima - Radio radicale - e l’ultima: la Repubblica».