La notte tra il 28 ed il 29 settembre 1978 chiudeva la sua esistenza terrena quale Vescovo di Roma, Albino Luciani.Un figlio di quella terra dell’Agordino, dove con fatica si assicurava il pane alle famiglie, rimanendo tra quelle belle montagne, che molti lasciavano per recarsi all’estero come emigranti, per poi tornare e assicurare un tenore di vita migliore. Così fu anche per la famiglia di Albino Luciani.

Albino conobbe sin da ragazzo le preoccupazioni delle modeste famiglie di montagna.

Crebbe cristianamente nei ritmi della sua parrocchia di Forno di Canale e lì ricevette la gioia della preghiera e l’interesse per la conoscenza delle verità cristiane. Da seminarista, durante le vacanze ebbe una saggia guida nel parroco don Filippo Carli ricordato anche da Patriarca di Venezia, il 19 maggio 1977, a tutto il clero veneziano per il suo amore per le vocazioni e per lo zelo pastorale. Proprio nel clima parrocchiale, servendo all’altare, partecipando a catechismo e confrontandosi con il suo parroco, Albino fu colpito nel marzo 1923 dalla predicazione di padre Remigio, cappuccino di Trieste, che era venuto in parrocchia per un triduo: da quel momento egli pensò di dare la sua vita al Signore.

Il parroco don Filippo e la madre di Albino, Bortola, preoccupati per la sua gracile salute, lo convinsero a fare le scuole elementari in paese, poi «se ne sarebbe parlato».

Terminate le elementari Albino aveva sempre nel cuore il desiderio di farsi prete. Suo padre era in Francia come emigrato e giustamente don Filippo e Bortola volevano il suo parere che giunse. Il 18 ottobre 1923 Albino partì per il Seminario diocesano di Feltre. Qui trovò un altro educatore che incise nella sua formazione, don Giulio Gaio (che sarà poi arrestato nel 1944 dai nazisti con l’accusa di aver partecipato alla Resistenza).

Nel 1928 Albino Luciani, all’età di 16 anni, lasciò Feltre per entrare nel Seminario maggiore di Belluno e compiere gli studi di teologia. Qui Luciani si dedicò con passione alla teologia ed alla vita spirituale nello stile dei Seminari del suo tempo. Ricevette gli ordini minori e la tonsura nel 1932; l’ostiariato ed il lettorato nel 1933; l’esorcistato e l’accolitato nel 1934; il suddiaconato nel 1934; il diaconato nel febbraio 1935.Non avendo raggiunto l’età canonica per il presbiterato, i superiori chiesero più volte la dispensa alla Santa Sede. Finalmente giunse il placet da Roma ed il 7 luglio 1935. Albino Luciani venne ordinato presbitero e l’8 luglio 1935 celebrò la prima messa al suo paese natale.

Svolse il suo primo ministero come cappellano ad Agordo. Nel 1937 venne nominato vice-rettore del Seminario maggiore di Belluno, poi sarà docente di dogmatica. In quegli anni gli venne diagnosticato una sospetta Tbc e quindi passò un periodo al sanatorio di San Gervasio. Farà la sua convalescenza in aiuto alla parrocchia di Falcade. Nel 1947 venne nominato segretario del Sinodo diocesano e pro-cancelliere e nel 1949 pro-vicario generale.

Nel 1954 venne nominato Vicario Generale della diocesi di Belluno. Il vescovo di Belluno Feltre monsignor Muccin lo propose nel 1958 per l’episcopato. Il parere della Congregazione concistoriale allora fu negativo per la precaria salute e per la voce flebile. Giovanni XXIII incontrò Albino Luciani quale vicario generale di Belluno in una sua visita a San Vito di Cadore. Questi nel dicembre 1958 venne nominato vescovo di Vittorio Veneto ed il 27 dicembre fu ordinato in San Pietro per la preghiera e l’imposizione delle mani di Giovanni XXIII.

Farà il suo ingresso nella diocesi di Vittorio Veneto l’11 gennaio 1959. Qualche giorno dopo il suo ingresso a Vittorio Veneto, Papa Giovanni XXIII annunciò di voler convocare un Concilio ecumenico, al quale Luciani parteciperà dalla prima all’ultima sessione facendo parte della «maggioranza silenziosa» che seppe cogliere lo spirito di quella «novella Pentecoste», come chiamò il Concilio Giovanni XXIII, e che applicò in toto nella sua diocesi, partendo dalla riforma liturgica, dalla promozione del laicato e soprattutto dall’impegno per una catechesi diffusa ed efficace. Fu poi incaricato dalla Conferenza episcopale triveneta a dare un parere sul problema della regolamentazione delle nascite. Il suo fu un parere di apertura.

Uscita l’Humanae Vitae, accolse e sottolineò l’indirizzo dato da Paolo VI. Luciani governò la Chiesa di Vittorio Veneto con attenzione, tenerezza e fermezza insieme. Lo dimostra il caso di Montaner e la questione dei preti operai. Nel 1970 Paolo VI trasferì da Vittorio Veneto Albino Luciani e lo nominò Patriarca di Venezia. Siamo in un periodo economicamente difficile, sia per l’Italia che per Venezia, dove appunto vi sono i centri industriali di Mestre, Marghera, Mira ed altri. Luciani si prodigò per sensibilizzare e pacificare le proteste del mondo operaio con la sua presenza e parola e con proposte pratiche per la pastorale del lavoro del Triveneto.

A Venezia ebbe la contestazione con la scelta ideologica degli universitari cattolici e la contestazione di un gruppo di preti che seguivano le idee dell’ex abate Giovanni Franzoni. Nel settembre del 1972 ebbe il dono della visita pastorale di Papa Paolo VI e prima l’elezione a vice-presidente della Cei. Il 28 agosto del 1978 venne eletto Successore di Pietro e prese il nome di Giovanni Paolo I. Il suo ministero petrino durò 33 giorni, durante i quali ricordò al mondo che Dio è sì padre, ma è anche madre. Nel discorso al corpo diplomatico il 31 agosto sottolineò: «Il dovere di costruire la pace».

Il 1°settembre 1978, parlando ai giornalisti che lo avevano “dipinto” con le categorie della politica, chiese di avere altri parametri per gli uomini di Chiesa.

Il 4 settembre mattina volle vedere e parlare con tutto l’Episcopato triveneto e con i segretari dei vescovi, salutandoli uno ad uno. Il 5 settembre ricevette il metropolita ortodosso di Leningrado, Nikodim, che gli morì di infarto tra le braccia. Al clero di Roma, incontrato il 7 settembre, chiese di saper cogliere e vivere la piccola e grande disciplina della Chiesa. Nei mercoledì seguenti, durante le udienze generali, da “antico” catechista spiegò le virtù teologali: fede, speranza e carità, facendosi “aiutare” da alcuni ragazzi presenti alle udienze e per la fede citando una poesia di Trilussa. Il 23 settembre incontrò il cardinale Sebastiano Baggio della Congregazione dei Vescovi per impostare la successione di Venezia. Il 26 settembre inviò ai seminaristi di Venezia una sua lettera.

La sera del 28 settembre, terminata la cena e dopo aver fatto regolare un orologio da polso donatogli da monsignor Macchi, segretario di Paolo VI, al quale aveva chiesto la collaborazione per le prime settimane di pontificato per impostare il lavoro della Segreteria particolare, Giovanni Paolo I, dopo la compieta, si recò nella sua stanza da letto. Alle 5.45 del 29 settembre, una delle suore dell’appartamento , notando che il caffè preparato non era stato consumato, ne constatò la morte. Albino Luciani quella notte passò alla luce di Dio e dalla sede di Pietro al trono della gloria di Cristo.

* Vicario episcopale per il laicato e la cultura della Diocesi di Trieste

I commenti dei lettori