«Le stesse critiche mosse oggi da ambienti cattolici ultraconservatori all’accordo tra il Vaticano e la Cina venivano rivolte trenta o quaranta anni fa alla Ostpolitik della Santa Sede nell’Europa orientale durante la Guerra Fredda», osserva a Vatican Insider il comboniano padre Giulio Albanese, fondatore dell’agenzia missionaria Misna e direttore della rivista Popoli e Missione.

In realtà nella Chiesa si sono sempre negoziati con i governi tutti i possibili spazi di libertà religiosa. A conferma di ciò la ricchissima esperienza di Karol Wojyla all’arcidiocesi di Cracovia emerge anche dalla documentazione riportata nel libro “Karol e Wanda- Storia di un’amicizia durata tutta una vita” (Sperling & Kupfer, 2010). Numerosi gli episodi che attestano l’esistenza nella Polonia comunista di una linea costante di trattativa tra Chiesa e autorità politiche. Nel 1962 l’allora vescovo ausiliare di Cracovia scrive a Padre Pio per richiedere la sua intercessione per una grazia a favore di una signora paralizzata della sua diocesi. E aggiunge una richiesta personale: «Nello stesso tempo mi permetto di raccomandarle le ingenti difficoltà pastorali che la mia povera opera incontra nella presente situazione», evidenzia il futuro Papa facendo riferimento ad una delicata fase della sua vita.

Nel giugno del 1962 era morto l’arcivescovo di Cracovia, Baziak, e da mesi era aperta la ricerca di un candidato per la successione gradito sia al primate polacco, il cardinale Stefan Wyszynski, e all’autorità dello Stato. Più volte Wyszynski aveva presentato terne di nomi rifiutate dal governo comunista. Dopo due diverse terne respinte in tronco, un alto funzionario del partito comunista, Zenon Kliszko, suggerisce che venga proposto «un uomo di dialogo, come il giovane vescovo ausiliare con il quale in due settimane abbiamo risolto il caso del seminario di Cracovia».

Quel vescovo è Karol Wojtyla che aveva trattato con il partito per rivendicare il diritto della Chiesa sulla sede del seminario, occupato dai comunità locali per farne una scuola di formazione politica dei quadri dirigenti. A soli 43 anni, Karol Wojtyla, tra i primi vescovi dell’Est Europa ad entrare in una sede del partito comunista per negoziare spazi di libertà religiosa per la Chiesa, si ritrova così arcivescovo della sede cardinalizia di Cracovia, dopo aver retto per oltre un anno e mezzo quella sede come amministratore apostolico, tra «ingenti difficoltà pastorali».

È significativa al riguardo la coincidenza delle date. La lettera del futuro Papa a Padre Pio, con la richiesta di preghiere di intercessione per la delicata fase della sua missione, è del 14 dicembre. Esattamente due settimane dopo, il 30 dicembre, arriva la designazione ad arcivescovo metropolita della prestigiosa diocesi polacca. E come racconta l’amica e collaboratrice di una vita, Wanda Poltawska, fin dal 1958 con il cardinale Wyszynski si divisero in qualche modo i compiti.

Il primate combatteva il regime sul piano politico, Karol Wojtyla si occupò dell’ambito culturale. E così negli anni Settanta Wojtyla si fa promotore di una trattativa con le autorità per costruire una chiesa nel quartiere operaio di Mowa Huta. E quando al telefono con Wanda Poltawska si riferiva ai comunisti, l’arcivescovo di Cracovia li definiva «fratelli lontani». Lontani in quanto comunisti, ma che «restavano nostri fratelli».

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