È vero che la Santa Sede non si oppone alla riesumazione di Francisco Franco, «se così deciso dalle autorità competenti», ma non è vero che essa si è pronunciata sul luogo di sepoltura del defunto dittatore. Il chiarimento giunge dal portavoce vaticano Greg Burke all’indomani dell’incontro tra il cardinale Pietro Parolin e la vicepresidente spagnola Carmen Calvo avvenuta ieri mattina nel Palazzo Apostolico vaticano.

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«Il cardinale Pietro Parolin – si legge in una nota del direttore della Sala Stampa vaticana, diffusa nel pomeriggio - non si oppone alla riesumazione di Francisco Franco, se così deciso dalle autorità competenti, ma non si è mai pronunciato sul luogo di sepoltura. È vero - aggiunge Burke - che la signora Carmen Calvo ha espresso la sua preoccupazione per la possibile sepoltura nella cattedrale dell’Almudena e il suo desiderio di esplorare altre alternative, anche attraverso il dialogo con la famiglia. Il cardinale Segretario di Stato ha ritenuto opportuna questa soluzione».

L’udienza Calvo-Parolin è stata il primo appuntamento ufficiale tra un rappresentante della Santa Sede e un rappresentante del governo della Spagna dall’insediamento del socialista Pedro Sánchez dal 2 giugno scorso. L’appuntamento è stato fortemente voluto dall’esecutivo spagnolo che ha chiesto alla nunziatura di organizzarlo «per scambiare punti di vista e informazioni su differenti questioni di interesse di entrambe le parti», come informava il comunicato del governo di ieri.

Col senno del poi sembra chiaro che volontà del governo Sánchez fosse di accaparrarsi il sostegno del Vaticano per la decisione della esumazione di Franco dal monumentale mausoleo della “Valle de los Caidos”, che il dittatore stesso fece costruire tra il 1940 e il 1958 in memoria dei vincitori e dei vinti della Guerra civile spagnola; quasi una battaglia personale condotta da Sánchez che, pochi giorni dopo l’avvio del suo ministero, aveva annunciato l’intenzione di voler spostare la tomba del generale, morto nel 1975, in un posto diverso e meno visibile, come gesto simbolico per tutelare la democraticità del Paese e frenare il flusso di “pellegrini” che ogni anno si recano nella basilica gestita dai benedettini a rendergli omaggio (alcuni con il saluto romano). L’annuncio è divenuto una proposta di legge presentata ad agosto e sostenuta dai partiti Podemos e Ciudadanos, poi approvata dalle Cortes, il Parlamento spagnolo, il successivo 13 settembre.

La vicenda ha generato, come prevedibile, una bagarre in tutto il Paese suscitando reazioni accese da parte dei sostenitori del regime franchista che hanno dato vita alla campagna “El Valle no se toca” e dalla stessa famiglia del “Caudillo” che ha minacciato azioni legali. Lo stesso era accaduto dieci anni prima quando la stessa proposta era stata presentata dall’allora ministro José Luis Rodríguez Zapatero (poi arenatasi nelle lentezze della commissione di esperti nominata per valutare la questione).

L’attuale governo spagnolo non ha specificato quando e dove sposterà la salma di Franco: una delle prime ipotesi avanzate era che venisse portata nel cimitero del Pardo, la vecchia residenza del dittatore a pochi chilometri da Madrid, dove è sepolta la moglie Carmen Polo dal 1988. Ma i parenti, interpellati prima che l’operazione venga effettuata (si pensa entro dicembre), hanno chiesto invece il trasferimento nella cattedrale dell’Almudena a Madrid, accanto al Palazzo Reale, dove la famiglia possiede una cripta.

Tale opzione ha fatto sobbalzare una schiera di deputati che aveva pensato anche di appellarsi a Papa Francesco perché intervenisse sul caso. Centinaia di persone, inoltre, proprio qualche giorno fa hanno sfilato in corteo nella capitale spagnola per impedire che fosse concessa una tomba in pieno centro al dittatore.

Da parte loro i vescovi spagnoli hanno sempre mantenuto una linea moderata affermando che non c’è alcun motivo per non accogliere i resti di Francisco Franco nella cattedrale. La Santa Sede, tramite il Segretario di Stato, non si è espressa sulla discussione circa il luogo della sepoltura, auspicando solo un dialogo tra le parti affinché si possa trovare una soluzione.

Il comunicato diffuso ieri dopo l’udienza della Calvo da Parolin lasciava tuttavia intendere tra le righe quasi il contrario, e cioè che la Santa Sede appoggiasse la battaglia del premier Sánchez. Da qui il chiarimento di oggi del portavoce vaticano.

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