Pil fermo da 6 mesi: l’Ue minaccia sanzioni sul debito

Bruxelles verso la procedura d’infrazione contro l’Italia Confindustria:crescita al palo per colpa del governo

Pil fermo da 6 mesi:  l’Ue minaccia sanzioni sul debito

La doccia fredda viene somministrata in apertura di giornata e gli effetti non sono certo tonificanti per il governo: il Pil è fermo, per la prima volta dopo tre anni. Il dato peggiore d’Europa. Lo certifica l’Istat, sollevando di fatto più di un dubbio sulla reale capacità dell’Italia di toccare quel punto e mezzo di crescita pronosticato nei documenti di bilancio che l’Europa ci ha bocciato. La stessa Europa che in serata lancia un esplosivo siluro all’indirizzo del governo, chiedendogli con una nota ufficiale «di fornire una relazione sui cosiddetti “fattori rilevanti” che possano giustificare un andamento del rapporto Debito/Pil con una riduzione meno marcata di quella richiesta».

Procedura Ue sul debito

In sostanza è l’apertura di un secondo fronte, quello del mancato rispetto del percorso di discesa del debito, che l’anno scorso rimase congelato per la maggiore cautela del governo sullo scostamento del deficit. Tradotto, la commissione Ue sembra pronta ad aprire un’eventuale procedura contro l’Italia per il mancato rispetto della regola di riduzione del debito nel 2017 se il governo non dovesse modificare i saldi di bilancio per il 2019. Un doppio colpo, interno ed esterno, che mette a dura prova l’esecutivo, anche se il premier Conte fa sfoggio di ottimismo e tiene il punto sui numeri. «Il dato del Pil lo avevamo previsto e proprio per questo abbiamo fatto una manovra espansiva che mira ad invertire questo trend». Lo derubrica come «un dato congiunturale comune a tutta Europa» il premier. E se la commissione Ue sentenzia senza mezzi termini che la manovra è incompatibile con il calo del debito, a chi parla di rivedere il 2,4 di deficit, risponde picche. «Resta quello e non intendiamo superarlo».

Pil fermo da 6 mesi:  l’Ue minaccia sanzioni sul debito

Confindustria sulle barricate

Neanche a dirlo, le opposizioni si buttano a capofitto sulla brutta notizia del Pil e gli industriali - già sul piede di guerra - invocano investimenti. «Nel terzo trimestre del 2018 la dinamica dell’economia italiana è risultata stagnante, segnando una pausa nella tendenza espansiva in atto da oltre tre anni», scrive l’Istat. La stima del Pil riflette «la perdurante debolezza dell’attività industriale manifestatasi nel corso dell’anno dopo una fase di intensa espansione». «Se l’economia non cresce è colpa esclusiva delle scelte economiche di questo governo», reagisce il presidente di Confindustria Boccia. E se a questo quadro desolante si aggiunge la previsione di massima su una crescita all’1 per cento «che si otterrebbe in presenza di una variazione congiunturale nulla nell’ultimo trimestre dell’anno», la frittata è fatta. In luglio, agosto e settembre il prodotto interno lordo è rimasto invariato rispetto al trimestre precedente. Il tasso di crescita annua è pari allo 0,8%. E la variazione acquisita per il 2018 risulta pari all’1%.

Lo spread risale

Non passano dieci minuti dai lanci di agenzia che la borsa di Milano gira in negativo e lo spread risale: il differenziale di rendimento, che era sceso fino a 292 punti base, cresce a 297 col tasso sul titolo decennale del Tesoro al 3,36%. E poi supera i 300 fino a toccare 311 punti. Un contesto ideale per un’offensiva delle opposizioni. Che alzano barricate in aula contro il decreto Genova, intonando cori «oonestà, oonestà!», all’indirizzo dei grillini. «Nel giorno in cui l’Istat certifica che l’economia si ferma per colpa delle scelte di questo governo, loro presentano un condono nascosto per Ischia nel decreto Genova». Il Pd parte lancia in resta, con i renziani in formazione a testuggine, su social e agenzie. «Per la prima volta dopo quattro anni il Pil torna a zero. Salvini e Di Maio stanno sfasciando l’Italia. Fermatevi! Paga il Popolo», twitta Matteo Renzi. Seguito a ruota da tutti i suoi, in primis la Boschi, «noi abbiamo salvato l’Italia, con loro si va verso la recessione». E i due vicepremier reagiscono a modo loro: Salvini dice che «il pil rallenta perchè quelli di prima tiravano il braccino e obbedivano ai diktat di Bruxelles», Di Maio non è da meno. «A chi ci attacca, come il bugiardo seriale Renzi, ricordiamo che il risultato del 2018 dipende dalla Manovra approvata a dicembre 2017, che è targata Partito Democratico. Con la “manovra del popolo” non solo il Pil, ma la felicità dei cittadini si riprenderà».

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