«Poveri, infermi, anziani, disabili, indigenti, abbandonati, migranti; emarginati ed esclusi da un punto di vista sociale, religioso, culturale e linguistico; vittime di abuso e violenza, specialmente donne e bambini». Cristiani e induisti possono e devono impegnarsi insieme per «difendere, proteggere e assistere» queste persone vulnerabili. 

È quanto propone il messaggio del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso agli Indù in occasione della festa 2018 del Deepavali, il cui significato alla lettera è «fila di lampade a olio». Si tratta di una ricorrenza simbolicamente fondata su un’antica mitologia che rappresenta la vittoria della verità sulla menzogna, della luce sulle tenebre, della vita sulla morte, del bene sul male. La celebrazione vera e propria dura tre giorni segnando l’inizio di un nuovo anno, la riconciliazione familiare, specialmente tra fratelli e sorelle, e l’adorazione a Dio. 

Ricordando nel testo, invitato anche in lingua hindi, le «prove quotidiane che devono subire i membri vulnerabili della nostra società», il Dicastero tramite il segretario monsignor Miguel Ángel Ayuso Guixot, sottolinea che questi soggetti «in gran parte privi d’aiuto e indifesi, scartati e ignorati da una società sempre più indifferente e perfino insensibile ai bisogni e alle sofferenze umane», oggi «soffrono moltissimo» dappertutto.

Il Dicastero interreligioso parla di un «contesto inquietante». «Una sana consapevolezza della nostra comune condizione umana e del nostro dovere morale verso gli altri - scrive nel messaggio - ci spinge a perorare la loro causa facendo tutto il possibile per alleviare le loro sofferenze, difendere i loro diritti e ridare loro dignità».

«Le occasioni di servizio ci circondano, perché i vulnerabili risiedono in ogni comunità e in ogni società. Sono necessari sforzi maggiori, ispirati da un senso di solidarietà», si legge nel testo. «Il vero livello di civiltà di ogni società si misura da come vengono trattati i suoi membri più vulnerabili» e «attenzione e cooperazione sono necessarie non solo per difendere il legittimo posto e i diritti dei vulnerabili in seno alla società, ma anche per nutrire una cultura della cura e della considerazione nei loro confronti».

La conclusione del messaggio vaticano è, dunque, che: «Ogni livello di società - specialmente i responsabili politici e di governo, e quelli più preparati a fornire assistenza pratica - deve mostrare un volto e un cuore umano ai vulnerabili della nostra società e raggiungere tutti coloro che sono emarginati e oppressi».

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