La Santa Sede è gravemente preoccupata dalla impennata nel mondo di «sentimenti di sospetto, paura, disprezzo e perfino di odio verso individui o gruppi giudicati per la loro identità etnica, nazionale o religiosa e, come tali, ritenuti non sufficientemente degni di prendere pienamente parte alla vita sociale». Lo ha affermato monsignor Bernardito Auza, osservatore permanente presso le Nazioni Unite a New York, durante i lavori del Comitato per l’eliminazione di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e relativa intolleranza, riunito in questi giorni nel Palazzo di Vetro.

Sono proprio questi sentimenti che «troppo spesso ispirano atti di intolleranza, discriminazione o esclusione», ha denunciato l’arcivescovo nel suo intervento, riportato da Vatican News. «Accade pure – ha aggiunto – che nel mondo della politica alcuni cedano alla tentazione di sfruttare le paure e le oggettive difficoltà di taluni gruppi, usando illusorie promesse per miopi interessi elettorali». 

Per Auza, «la serietà di questo fenomeno non può lasciarci indifferenti. Noi tutti siamo chiamati, nei nostri rispettivi ruoli a coltivare e promuovere rispetto per l’intrinseca dignità di ogni persona umana e favorire una cultura d’incontro e apertura agli altri, nel reciproco rispetto».

L’appello è rivolto, dunque, anche ai leader delle religioni che hanno «la missione di diffondere, tra i loro fedeli, i principi etici e i valori iscritti da Dio nel cuore dell’uomo». È pur vero, ha evidenziato l’osservatore vaticano, che «capi religiosi e credenti non sempre hanno vissuto questa responsabilità» e non sono mancati «atti d’intolleranza motivati dalla religione che, anche oggi, piuttosto che favorire l’apertura agli altri, possono essere a volte usati come pretesto per rifiuto, marginalizzazione e violenza, la cui espressione peggiore è l’omicida follia, che abusa del nome di Dio per disseminare la morte come parte di un gioco di dominio e potere».

«La risposta a tale pazzia – ha raccomandato il rappresentante della Santa Sede – non può essere la logica dell’occhio per occhio o l’entrare in un circolo vizioso di violenza di rappresaglia, ma deve piuttosto prendere la forma di un autentico dialogo tra le confessioni religiose cominciando con la comune ed inequivocabile riaffermazione che l’uccidere gli altri in nome di Dio è una bestemmia contro il nome di Dio. In altre parole , dovrebbe essere ‘un fermo e chiaro No? Ad ogni forma di violenza, vendetta e odio compiuti in nome della religione o nel nome di Dio».

In ultimo il nunzio Auza ha messo in guardia gli Stati dal trasformare le corrette pratiche per monitorare e investigare su casi di razzismo, xenofobia e intolleranza e proteggere i soggetti deboli, «in censure e altri abusi». Ciò, ha detto, accade quando l’accusa d’«incitamento all’odio» in base alla razza, all’etnia, alle origini nazionali o all’affiliazione religiosa viene estesa anche a criteri ideologicamente di parte, giustificando «l’adozione di misure discriminanti e repressive contro chi, ad esempio, difenda la dignità di ogni vita umana o sostenga la dignità del matrimonio e della famiglia».

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