La parola fine a un calvario di quasi dieci anni l’ha messa il presidente della Corte suprema pachistana Saqib Nisar. «La tolleranza è il principio base dell’islam», ha spiegato nella sentenza di assoluzione di Asia Bibi. E dunque era impossibile condannare la 47enne cristiana, madre di cinque figli, sulla base di accuse, oltretutto infondate, di blasfemia. La decisione è arrivata in una Islamabad in stato d’assedio, con 300 agenti a guardia del tribunale. Asia Bibi non era in aula, non ha ascoltato le parole che annullavano la condanna a morte e le restituivano la libertà dopo 3.422 giorni di prigionia. Ora si trova in una località sconosciuta assieme alla famiglia. E’ libera, ma vivere in Pakistan è diventato impossibile.

Il suo destino è stato segnato in una giornata afosa, il 14 giugno 2014. Asia Bibi lavora nei campi nel suo villaggio di Ittanwali, nel Punjab. Le compagne le chiedono di andare a prendere un secchio d’acqua. Lei non resiste e beve una sorsata dal pozzo. Le altre donne, musulmane, l’accusano di averlo «contaminato». Scoppia un litigio. Asia ribatte che «Gesù avrebbe visto la cosa in maniera differente da Maometto». Le donne la picchiano. Poi si rivolgono all’imam del villaggio che la denuncia. L’8 novembre del 2010 viene condannata a morte per impiccagione. Associazioni cristiane e a difesa dei diritti umani si mobilitano. In difesa di Asia si esprime anche il governatore del Punjab, Salman Taseer, un musulmano.

La battaglia si sposta dalle aule dei tribunali alle strade. Nasce un nuovo partito islamista, Tehreek-e-Labaik Pakistan, il Tlp, con primo obiettivo quello di stroncare ogni voce in difesa della donna. Nel 2011 il governatore Taseer viene assassinato dal suo autista. La stessa sorte tocca a Shahbaz Bhatti, cattolico, ministro delle Minoranza religiose. Ieri il leader del Tlp, Muhammad Afzal Qadri, ha chiesto le dimissioni del premier Imran Khan ed emesso un «editto» che chiede che i giudici «siano puniti con la morte». Khan ha risposto con un appello alla nazione, ha chiesto ai cittadini di «restare calmi» e di tenersi lontani dagli estremisti. Poi ha avvertito i mullah salafiti: «Non sfidate lo Stato o ci saranno conseguenze estreme». Ma il clima è da guerra civile e linciaggio. Una taglia da 50 milioni di rupie, 350 mila euro, è già stata posta sulla testa di Asia Bibi. Lo stesso Qadri ha dato istruzioni su come assassinare i tre giudici della Corte. «Lo possono fare gli uomini della sicurezza, i loro autisti, o i loro cuochi: Chiunque abbia possibilità di avvicinarli ha il dovere di ucciderli, prima che faccia notte».

Per evitare proteste violente e sommosse il governo ha disposto il blocco dei telefoni cellulari dalle 9 del mattino alle 9 della sera. Il timore è che scatti una caccia all’uomo generalizzata. I cristiani sono il 2 per cento dei 210 milioni di pachistani ma nel mirino ci sono anche gli sciiti, circa il 20 per cento, i sufi, gli induisti, i sikh. La legge sulla blasfemia è stata uno dei pilastri dell’islamizzazione forzata condotta dal generale Mohammed Zia, con la consulenza diretta del predicatore Abul Ala Maududi, uno dei maggiori teorici del salafismo jihadista, citato a man bassa da Al Qaeda e dall’Isis. L’architettura giuridica del Pakistan si fonda ancora su quei principi. L’assoluzione di Asia Bibi è il primo passo di un lungo cammino.

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