Una completa revisione delle operazioni di pace dell’Onu nel mondo, l’importanza del ruolo delle donne nell’attuazione degli accordi, il “no” all’uso delle migrazioni forzate come arma di guerra. Sono i temi affrontati da monsignor Bernardito Auza, osservatore permanente Santa Sede all’Onu, alla conferenza sulle Missioni di pace a New York.

«Lo sviluppo non è possibile senza pace e la pace non è possibile senza sviluppo», ha affermato l’arcivescovo nel suo intervento - riportato da Vatican News -, in cui, ricordando le parole del Papa nel discorso all’Assemblea generale dell’Onu del 2015, «La guerra è la negazione di tutti i diritti...», ha sottolineato: «Se vogliamo un vero sviluppo umano integrale per tutti dobbiamo lavorare instancabilmente per evitare la guerra tra le nazioni e tra i popoli. A tal fine è necessario garantire lo stato di diritto e l’instancabile ricorso alla negoziazione, alla mediazione e all’arbitrato, come proposto dalla Carta delle Nazioni Unite, che costituisce veramente una norma giuridica fondamentale».

Il rappresentante vaticano ha fatto cenno anche al tema della piena partecipazione delle donne come agenti attivi nella pace e nella sicurezza: anche se non così tante di loro possono essere visibili ai tavoli di negoziazione, hanno sempre svolto un ruolo importante nella prevenzione dei conflitti e nell’attuazione degli accordi di pace, ha osservato. «Sono agenti di cambiamento sul campo, i migliori insegnanti di empatia nelle sofferenze altrui e attenzione ai punti di vista degli altri, con una particolare capacità di perdonare e di compiere i primi passi nel processo di riconciliazione».

Monsignor Auza ha inoltre ribadito l’importanza per la Santa Sede di affrontare le cause profonde dei conflitti in modo significativo e obiettivo. «Lo sviluppo, la sicurezza e i diritti umani sono strettamente connessi. Lo sviluppo non è possibile senza pace e la pace non è possibile senza sviluppo. L’insicurezza e le ingiustizie come la disuguaglianza, la corruzione, il malgoverno e i flussi finanziari e di armi illeciti, sono tutte cause di violenza nelle società. Nessuna società - ha ammonito il presule - può prosperare se è lacerata dai conflitti. I cittadini non possono realizzare il loro potenziale se sono travolti dall’instabilità e dall’insicurezza. Al contrario, lo sviluppo inclusivo e sostenibile non è solo fine a se stesso, ma è anche la migliore difesa contro i rischi di conflitti violenti”.

Infine l’osservatore permanente ha espresso la profonda preoccupazione della Santa Sede per la pratica dell’emigrazione forzata come «arma di guerra» da parte di Stati e attori non statali, un fatto che ha conseguenze particolarmente disastrose per le popolazioni minoritarie, comprese le minoranze religiose. «Di fronte a milioni di rifugiati e di persone costrette a sfollare a causa di conflitti e persecuzioni, i valori espressi nella Carta delle Nazioni Unite, in particolare il rispetto dei diritti umani fondamentali e la dignità e il valore della persona umana, devono essere al centro della nostra risposta alla loro situazione», ha detto.

Da qui un plauso alle attività delle missioni di pace dell’Onu e i sacrifici compiuti dalle forze di pace che in molti casi si sono offerte in ultima istanza nell’interesse della pace. Auza ha infine ribadito l’impegno della Santa Sede a collaborare nell’opera di prevenzione e risoluzione dei conflitti e la stabilizzazione e il consolidamento della pace post-bellica.

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