Dopo l’ennesima strage di cristiani massacrati dal terrorismo jihadista, i copti non chiuderanno le chiese e non daranno seguito agli appelli di chi invita a sospendere le ordinarie attività liturgiche e pastorali nel mese di novembre come segno di lutto e di denuncia delle violenze subite. Lo riferiscono i media egiziani, rilanciati dall’agenzia Fides, citando le fonti ufficiali del Patriarcato copto ortodosso.

All’indomani della uccisione dei pellegrini da parte di un commando di terroristi mentre tornavano da una visita al monastero di Anba Samuel, nel governatorato di Minya, alcune sigle militanti del mondo copto cristiano avevano lanciato sui social una campagna per chiedere di sospendere le celebrazioni di novembre. Rappresentanti del Patriarcato copto ortodosso, nelle risposte rilanciate sui siti egiziani come CoptsToday, hanno sottolineato che secondo la fede cristiana, i martiri uccisi in odium fidei e accolti in Paradiso dal Signore vanno celebrati con affetto e gratitudine. Per questo la Chiesa continuerà a pregare e a celebrare nella liturgia i misteri della fede, facendo anche memoria dei nuovi martiri, proprio per rimanere fedele alla propria missione. La tradizionale sequenza di celebrazioni liturgiche e momenti di preghiera nelle singole chiese copte in Egitto non verrà dunque sospesa o modificata per alcun motivo.

L’agguato di venerdì 2 novembre ai fedeli copti, a circa 220 chilometri a sud-est del Cairo, è stato rivendicato da un gruppo jihadista affiliato allo Stato Islamico. Il 3 novembre è stata celebrata la cerimonia funebre delle vittime nella chiesa di al-Amir Tadros, a Minya, alla quale hanno preso parte anche dieci vescovi copti., Tra questi Anba Macarius, il quale ha annunciato l’intenzione di costruire a Minya una chiesa dove verranno custodite le spoglie dei copti morti nell’attentato, già celebrati come martiri.

Ieri Papa Francesco ha espresso il suo dolore per le vittime, «uccisi solo perché cristiani», durante l’Angelus in Piazza San Pietro. Sabato, tramite un videomessaggio, il patriarca copto Tawadros II, rimarcando il dolore e l’angoscia per la tragedia, ha lanciato un appello a non perdere l’unità nel Paese. Da parte sua il governo ha stanziato per ciascuna delle famiglie delle vittime un primo contributo di solidarietà pari a 100mila sterline egiziane (circa 5mila euro).

Intanto il Ministero degli interni egiziano ha reso noto che ieri, domenica 4 novembre, 19 presunti membri di gruppi jihadisti sono stati uccisi dalle forze di polizia in un’operazione condotta nelle zone montagnose dell’area desertica dove si trova anche il monastero di San Samuele, aggiungendo che tra i miliziani ammazzati potrebbero esserci anche gli artefici della strage dei pellegrini copti. Secondo fonti del Ministero, essi sono morti in un conflitto a fuoco con la polizia che era da qualche ora sulle tracce di «elementi terroristi in fuga» in un’area desertica a ovest della provincia di Minya.

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