«Il governo italiano aiuti la mia famiglia a uscire dal Pakistan». È un appello drammatico quello che rivolge all’Italia Ashiq Masih, il marito di Asia Bibi, la donna cristiana recentemente assolta dalla condanna a morte per blasfemia in Pakistan. Proprio questa assoluzione, dopo quasi un decennio di detenzione, ha scatenato la rabbia dei radicali islamisti locali, generando proteste che hanno paralizzato le principali città del Paese e che hanno di fatto bloccato la scarcerazione della cristiana. Il suo avvocato, musulmano, è stato costretto a fuggire all’estero a seguito delle minacce di morte e ora si trova in Olanda.

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«Io e la mia famiglia in Pakistan siamo in pericolo», ha detto il marito di Asia al telefono con la fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre, aggiungendo di aver difficoltà, lui ed i suoi cinque figli, anche a mangiare. Masih e la figlia maggiore Esham erano già venuti in Italia lo scorso febbraio per un evento al Colosseo dedicato ai cristiani perseguitati, in occasione della visita erano stati ricevuti anche da Papa Francesco in Vaticano.

All’appello dell’uomo hanno risposto diversi politici del nostro Paese sia di destra che di sinistra. In testa il ministro dell’Interno Matteo Salvini che ha assicurato: sul caso Asia Bibi «ci stiamo lavorando con altri Paesi occidentali, con discrezione per evitare problemi in loco alla famiglia che vuole avere un futuro». Anche l’ex premier Matteo Renzi, durante una diretta Facebook, ha detto: «Vorrei che il governo italiano sentisse tutto il nostro sostegno» e «avesse tutto il supporto, anche dell’opposizione, per liberare Asia Bibi. Tutto ciò che si può fare per liberarla è fondamentale».

Da Bruxelles giunge oggi la voce di Antonio Tajani che, tramite un tweet, fa sapere: «Ho invitato il marito e la famiglia di Asia Bibi ad un incontro al Parlamento Europeo. Chiedo alle autorità del Pakistan di rilasciare i documenti di viaggio necessari. Le regole europee prevedono protezione per chi è minacciato a causa della propria fede». La lettera di Tajani si apre con l’invito a venire all’Eurocamera a «Bruxelles o a Strasburgo per discutere su come possiamo concretamente sostenere il rilascio di Asia Bibi» e si conclude con la richiesta «alle autorità del Pakistan di rilasciare i documenti di viaggio necessari».

«Il Parlamento europeo è estremamente preoccupato per la sua sicurezza e per quella della sua famiglia a seguito delle violenze degli estremisti in Pakistan», si legge in una nota ufficiale del Parlamento Europeo. «Abbiamo chiesto alle autorità pakistane di fare in modo che venga garantita sia la vostra sicurezza sia quella delle persone che vi difendono. Il PE ha già chiesto alle autorità del Pakistan il rispetto dello stato di diritto e i loro impegni internazionali in materia di diritti umani».

Nei giorni scorsi, con un video pubblicato sui social network e ripreso da diverse testate locali e internazionali, Ashiq Masih aveva invocato l’aiuto di leader internazionali come Donald Trump, Theresa May o Justin Trudeau perchè accolgano la donna e la sua famiglia nei loro Paesi. «Siamo nei guai in Pakistan, vi prego aiutateci», diceva.

«Assolvere Asia Bibi è un segnale ma bisogna essere cauti, far spegnere prima il fuoco e poi dire che è libera», afferma all’agenzia Sir il giornalista pakistano Ejaz Ahmad. «Penso che la sua liberazione potrebbe aiutare anche altre mille persone innocenti in carcere per motivi simili». Per Ahmad, «sia l’esercito, sia il governo attuale, non possono abolire la legge sulla blasfemia, però possono indebolirla. Meglio dire che sta in carcere e farla uscire magari tra un mese, quando la tensione si sarà alleggerita. Una strategia alla pakistana», dice ricordando le vignette pubblicate anni fa da un giornale danese che avevano scatenato forti proteste nel mondo musulmano. «Quando si tocca il tema dell’abolizione della legge sulla blasfemia il gioco si fa pericoloso», aggiunge il giornalista. «Meglio andare a piccoli passi, altrimenti si rischia la vita»

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