È l’epilogo di una battaglia durata sei anni, che approda al risultato tanto atteso dalla risicoltura nazionale: la Commissione europea, al termine dell’indagine avviata a marzo, ha proposto l’attivazione della clausola di salvaguardia per l’importazione del riso dai paesi del Sudest asiatico, con la reintroduzione del dazio per i prossimi tre anni sul cereale proveniente da Cambogia e Myanmar (l’ex Birmania).

Si ipotizza l’applicazione di una tariffa doganale di 175 euro la tonnellata per il primo anno, con riduzione per i due successivi. Ma l’Ente risi ritiene «che esistano i presupposti tecnico-giuridici perché il dazio sia fissato a 175 euro la tonnellata per tutti i tre anni».

Il risultato non è ancora definitivo perché ora bisogna attendere il voto dei 28 Stati membri nell’ambito del Comitato del sistema delle preferenze generalizzate (Spg), che dovrebbe essere convocato a dicembre. Ma il ministro delle politiche agricole, il pavese Gian Marco Centinaio, che già l’altra sera ha anticipato la notizia, esulta: «Un risultato storico».

L’Ente risi, con il presidente Paolo Carrà, gli fa eco: «Questa decisione è un risultato che premia chi, come l’Ente nazionale risi, ha creduto nel diritto e nei numeri. Grazie a un lungo lavoro di analisi dei nostri uffici e dei legali incaricati, alla collaborazione dei Ministeri delle Politiche agricole e dello Sviluppo economico, dei risicoltori e trasformatori investigati dai funzionari europei, la Commissione ha dovuto prendere atto dell’esistenza di un danno reale provocato al riso europeo dalle importazioni a dazio zero da Cambogia e Myanmar».

Il beneficio era stato concesso come sostegno umanitario ai Paesi asiatici Eba («Tutto tranne le armi»). L’effetto era stato più dirompente del previsto, con il mercato continentale invaso da riso a prezzi stracciati e il conseguente crollo delle quotazioni delle varietà indica (coltivate particolarmente nel Novarese) ma riflessi anche sulle japonica. L’effetto è stato pesante soprattutto per l’Italia, che con 234.300 ettari coltivati copre circa il 50% della produzione di riso dell’Ue.

L’indagine peraltro ha permesso di accertare che i benefici non andavano se non molto marginalmente ai coltivatori del Sudest asiatico, mentre arricchivano più che altro i commercianti e i trasformatori locali. A ciò si aggiungono le preoccupazioni per le violazioni dei diritti umani: il riso che arriva in Europa dal Myanmar è raccolto anche sui campi della minoranza Rohingya, costretta a fuggire a causa della violenta repressione.

I commenti dei lettori