Accompagnata fino a sera dalla rincorsa di conferme e smentite sulla presenza del generale Haftar (arrivato alle 20,30 in paltò marrone e senza divisa militare per disertare poi la cena in vista del bilaterale notturno con Conte), la Conferenza di Palermo sulla Libia prende il via sotto il segno di una frattura profonda, quella tra quanti si riconoscono nell’uomo forte della Cirenaica e la Fratellanza musulmana che, dopo il rimpasto di poche settimane fa, è notevolmente cresciuta di peso nel Governo di accordo nazionale con l’innesto del neo ministro dell’interno, il misuratino Fathi Bishaga, e del collega al dicastero economico Ali Abdelaziz Issawi, originario di Bengasi e ritenuto vicino al movimento islamista così come il Capo del Consiglio di Stato al Mishri (uno dei quattro protagonisti del summit).

Raccontano a margine dei lavori, iniziati ieri mattina a Villa Igiea con 38 delegazioni rappresentanti di 30 nazioni e 8 organismi internazionali più un grosso seguito di giornalisti arabi e turchi, che Haftar, convinto a partecipare tre giorni fa a Mosca dal capo dell’intelligence italiana Manenti, si era poi ricreduto dopo la visita di Sarraj in quella Turchia sponsor della Fratellanza a poche ore dall’inizio del vertice siciliano. La tensione si è sciolta solo all’ultimo, con la stretta di mano in extremis del premier italiano Conte che aveva già accolto il suo omologo greco Tsipras e il russo Medvedev (anche lui però assente alla cena), il presidente egiziano al Sisi e quello tunisino Beji Caid Essebsi, il ministro degli esteri francese Le Drian e i leader di Banca Mondiale, Lega araba, Fondo monetario internazionale e Unione africana. Verso mezzanotte poi Conte ed Haftar si parleranno, il primo citerà Mandela.

La partita entra dunque nel vivo (stamattina iniziano i bilaterali a cui partecipano Haftar, l’Algeria, la Russia, la Tunisia, la Francia, l’Onu) e le posizioni sono distanti. Si dice di colloqui (e pranzi) vis-a-vis per ovviare le incompatibilità, ma il portavoce di Palazzo Chigi Rocco Casalino esclude il tavolo a parte chiesto dal capo dell’esercito nazionale libico (Lna) per non sedersi con i rivali (a Parigi lui e al Mishri evitarono perfino di incrociarsi).

E’ notte fonda quando il premier Conte esprime soddisfazione, dice che le sedie vuote di Haftar e Medvedev erano previste (stanco il primo e atterrato tardi il secondo), che la conferenza è «la tappa di un percorso più ampio... per accorciare la distanza tra le parti», che ha invitato gli interlocutori libici a fare la Storia. In realtà gli incontri di ieri non sono stati esattamente concilianti, a partire da quello sulla sicurezza, tema che Haftar considera cosa sua al punto da aver fatto filtrare la notizia (poi smentita) di un possibile imminente altro meeting dedicato tra lui, la Russia, l’Italia, l’Egitto, il Ciad, il Sudan e il Niger.

«Quella sulla sicurezza è stata una discussione molto produttiva», spiega nel pomeriggio il braccio destro dell’inviato speciale dell’Onu Salame, l’americana Stephanie Williams, enfatizzando il contributo di Bishaga. Sembra però che la delegazione di Haftar si fosse sfilata, mentre già in mattinata il deputato di Tobruck Ali Saadi, sodale del generale, aveva abbandonato il panel economico in polemica con «gli ordini» imposti dall’alto alla Libia.

In una Palermo blindata, sul cui sfondo si sente l’eco della protesta anti-vertice e per la verità su Giulio Regeni, l’Italia cerca la quadratura del cerchio intorno al piano Onu sia pur, come ripete Casalino, senza l’ambizione di «risolvere tutto subito».

Uno dei nodi da seguire in un’agenda che i delegati ammettono off the record di non conoscere nei dettagli, è l’addestramento della polizia che i libici hanno chiesto ai rappresentati di Italia, Francia, Spagna, Germania e Olanda. L’altro punto su cui si potrebbe trovare un’intesa è la conferenza allargata di gennaio, su cui Haftar sarebbe più d’accordo di Sarraj, timoroso invece di essere ridimensionato. Sul tavolo ci sono anche i colloqui del Cairo per la formazione di un esercito nazionale (ma Riad, alleato dell’Egitto, ha mandato a Palermo solo un incaricato di affari, Faisal Hanef al Qanthani). Difficilmente, confermano tutti, si parlerà di possibili date per le elezioni parlamentari, che Salame aveva evocato entro l’estate 2019. Ma la grande incognita è l’epilogo, se e chi firmerà il documento conclusivo, se e chi comparirà nella foto di fine vertice, se Haftar diserterà la plenaria: se e chi, appunto.

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