Monsignor Ruiz Arenas lavora nel Curia Romana da più di 25 anni. Oltre alla sua attuale nomina di segretario del Pontificio Consiglio per la Promozione della nuova Evangelizzazione, è membro della Congregazione per i Vescovi. Durante cinque anni fu arcivescovo di Villavicencio, diocesi Colombiana dove il missionario Olandese Frans Bruls venne nominato come primo vescovo dal 1939 al 1969. La visita in Olanda è stata, tra l’altro, segnata dall’incontro con i familiari del Monfortano Limburghese, che morì nel 1988. 

Ma monsignor Ruiz è stato anche ospite del vescovo-eletto di Roermond, Harrie Smeets, e del suo predecessore monsignor Frans Wiertz. Ha anche visitato il nunzio in Olanda, Aldo Cavalli, e alcune parrocchie olandesi. Alcuni mesi fa, Wilson Varela, parroco a Roermond e anche lui colombiano, invitò monsignor Ruiz nei Paesi Bassi, durante un incontro con i Missionari della Misericordia a Roma. «Da quello che mi hanno raccontato i sacerdoti che ho incontrato questi giorni, concludo che l’impatto del secolarismo è stato molto forte in questo Paese», racconta il prelato. «Ma proprio l’Olanda può essere un campo ideale per la nuova evangelizzazione».

San Giovanni Paolo II parlò per la prima volta di “nuova evangelizzazione” nel 1979. Questo tema è ancora attuale per la Chiesa e il mondo di oggi?

«Il Papa pronunciò queste parole dopo che erano state usate per la prima volta a Puebla (Messico, 1979) durante la terza Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano. Si discusse della situazione in America Latina. Guardando i nuovi sviluppi che la Chiesa doveva affrontare, la conclusione fu che era necessaria una nuova evangelizzazione. Durante la sua prima visita in Polonia, Giovanni Paolo II rilanciò questa espressione con forza. Credeva che tale messaggio doveva essere nuovamente comunicato, “con rinnovato zelo, metodi rinnovati e nuove espressioni”».

Cosa ha fatto la Chiesa con questa chiamata?

«Se guardiamo la Chiesa universale è difficile fare un bilancio. Dovremmo andare a vedere ogni singola comunità. La nuova evangelizzazione non è qualcosa in cui sono date le linee guida che devono essere realizzate. È uno spirito che deve essere sperimentato in ogni singola Chiesa. Negli ultimi 40 anni la Chiesa ha cercato di capire cosa c’è di nuovo in queste parole di San Giovanni Paolo II. Non si tratta di cambiare il contenuto o l’essenza della missione, ma, come dice Papa Francesco, dare un nuovo slancio missionario per compiere la missione della Chiesa, che è stata la sua missione da più di venti secoli. Non si tratta di elaborare strategie, ma portare l’autentico Spirito di Cristo. Se la nuova evangelizzazione consistesse solo di strategie, la ridurremmo in qualcosa di umano e meccanico. Non dobbiamo dimenticare che collaboriamo con lo Spirito Santo».

Come può essere raggiunto l’uomo attuale?

«Siamo in un momento molto difficile. Sfortunatamente, i recenti scandali di abusi hanno portato molte persone a serbare rancore contro la Chiesa. Non vedono l’autenticità nelle nostre vite. Credo che l’esperienza di Papa Francesco possa aiutarci. Vediamo come la sua semplicità, la sua attenzione ai poveri, come il suo messaggio sulla misericordia ci mostri che la nuova evangelizzazione non consiste nel dare prediche complesse. Dobbiamo sperimentare il cristianesimo in modo autentico, in modo tale che sia sorprendente».

Può fare qualche esempio?

«Nella Chiesa primitiva l’autenticità con cui i cristiani hanno sperimentato la loro fede ha cambiato la cultura greco-romana. La gente vedeva i cristiani che si amavano, che erano misericordiosi, che si aiutavano l’un l’altro e si consideravano fratelli. Questo ha suscitato stupore, la gente si chiedeva perché fossero diversi nel loro modo di vivere. Ma queste persone avevano sperimentato Cristo nelle loro vite. Se guardiamo alla prima evangelizzazione, questa autentica testimonianza del Vangelo è proprio ciò che può rendere le persone entusiaste del messaggio di Cristo».

Lei visita molte diocesi internazionali per avere un’idea delle diverse esperienze della nuova evangelizzazione. Cosa ha notato?

«Esistono molte iniziative diverse. A volte riguarda piccoli gruppi e talvolta coinvolge iniziative più grandi. In America Latina, alcune parrocchie e diocesi hanno dato alla nuova evangelizzazione un ruolo importante nella pastorale. Bisogna ripresentare il kerygma, la Buona Notizia, con cui le persone possono essere entusiasmate. È importante creare piccole comunità all’interno di una parrocchia che diano segni di amore e fratellanza e si nutrano della Parola di Dio e dell'Eucaristia. Queste comunità accompagnano il sacerdote nel suo lavoro pastorale. Ci sono anche esperienze positive con giovani. Si pensi, ad esempio, ai gruppi di preghiera. Ci sono iniziative in cui i giovani non hanno paura di predicare il Vangelo in luoghi come un Bar o una discoteca. Queste sono state esperienze positive in diversi posti».

Come vede il futuro della Chiesa, anche nei Paesi Bassi?

«Il fatto che la Chiesa stia diventando sempre più piccola non deve renderci pessimisti. La Chiesa può rinascere con più forza attraverso l’impulso dello Spirito Santo. Stiamo vivendo un momento difficile. Ma il Signore susciterà persone che daranno un nuovo impulso con esempio delle loro vite, come in passato, che sapranno come correggere il percorso. Ci sono laici all’interno della Chiesa che, con zelo ed entusiasmo, rispondono alla chiamata di nuova evangelizzazione. Sfortunatamente spesso manca una accompagnamento da parte dei pastori, questo impulso o carisma dello Spirito Santo non è sempre condiviso o compreso. È compito del vescovo, dei sacerdoti e delle varie comunità guardare ai bisogni specifici di ogni luogo e capire come realizzare questo compito con questo nuovo spirito. Il Signore non ci abbandonerà. Dobbiamo guardare al futuro con entusiasmo, ottimismo e gioia».

* Giornalista del settimanale cattolico olandese Katholiek Nieuwsblad

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