Lui dice che non si tratta di «una vera e propria rinuncia», ma di fatto il cardinale cileno Francisco Javier Errazuriz Ossa, arcivescovo emerito di Santiago del Cile, si è dimesso dal C9, il consiglio di nove cardinali istituito nel 2013 per coadiuvare il Papa nel governo della Chiesa e nella riforma della Curia romana.

Ad annunciarlo è stato lo stesso porporato, al centro nei mesi scorsi delle polemiche per gli scandali di insabbiamento dei casi di abusi sessuali nella Chiesa cilena, con una breve nota rilanciata ieri dai media del Paese sudamericano. «Al termine dei cinque anni, il periodo per il quale sono stato nominato membro del Consiglio dei cardinali, in rappresentanza del Sud America, sono stato a Roma ad accomiatarmi dal Santo Padre e ringraziarlo per il fecondo lavoro che ci ha affidato per riformare la Curia romana», scrive Errazuriz.

Lo stesso giorno del suo annuncio, il procuratore generale di Rancagua, Sergio Moya, ha fatto sapere di aver convocato il cardinale per rispondere di occultamento nel caso di padre Jorge Laplagne, sacerdote di Rancagua accusato di pedofilia nel 2005. L’informazione è stata diffusa tramite i media dopo un interrogatorio di circa quattro ore al vescovo emerito di Osorno, Juan Barros, mercoledì scorso. Moya ha dichiarato di aver incontrato l’avvocato di Errazuriz per consegnargli il fascicolo investigativo ed informarlo che l’arcivescovo sarebbe stato convocato a testimoniare, in una data ancora da determinare.

Come apprende Vatican Insider, il cardinale Errazuriz si è recato venerdì scorso, 9 novembre, nel Palazzo Apostolico per un colloquio privato con il Pontefice. In una intervista con la radio cilena Cooperativa, il cardinale spiega di essere stato «accolto cordialmente» dal Papa che gli ha «irradiato molta pace» e si dice grato al Santo Padre per aver prorogato il suo incarico nel team di porporati nonostante avesse superato gli 80 anni di età.

Su Errazuriz pesano le polemiche e gli scandali che da mesi imperversano nella Chiesa e nella società del Cile, mai sopiti ma deflagrati soprattutto dopo il viaggio di Bergoglio di gennaio 2018 tanto da portare una intera Conferenza episcopale a dimettersi “in blocco”. Il nome dell’arcivescovo della capitale, come pure quello del suo successore Ricardo Ezzati Andrello, è stato più volte indicato da laici e sacerdoti tra quelli delle autorità ecclesiastiche che hanno mal informato il Papa sulla incandescente situazione cilena (accusa, questa, sempre negata dal cardinale) e di aver insabbiato nel corso degli anni i crimini di abusi. In particolare quelli compiuti da padre Fernando Karadima, abusatore seriale, ridotto da Francesco allo stato laicale il 28 settembre scorso.

Proprio le principali vittime di Karadima, Juan Carlos Cruz, Andrés Murillo e James Hamilton - ricevuti privatamente dal Papa in primavera in Vaticano - tramite i loro legali avevano presentato una querela a fine ottobre contro Errazuriz, accolta e avviata dall’Ottavo Tribunale di Garanzia di Santiago del Cile. «Autore del crimine di falsa testimonianza, previsto e sanzionato nell’articolo 209 del Codice penale», è il capo d’accusa.

L’azione legale seguiva di pochi giorni un primo processo che vedeva imputato l’arcivescovado di Santiago, chiuso con una sentenza di conciliazione sull’entità del risarcimento per i danni causati da Karadima a Cruz, Murillo e Hamilton.

I legali delle tre vittime - riferisce il sito specializzato Il Sismografo - hanno rivelato l’esistenza di una lunga lettera del febbraio 2009 che l’allora arcivescovo di Santiago inviò al nunzio in Cile dell’epoca, monsignor Giuseppe Pinto, in cui sosteneva due cose diverse da quanto ha invece sempre dichiarato pubblicamente in questi anni. E cioè che il processo contro Karadima era stato chiuso per sua volontà e di aver chiesto espressamente al Procuratore di giustizia dell’arcivescovado di non interrogare l’ex prete pedofilo.

Cruz, Murillo e Hamilton hanno rifiutato subito la via della ricerca di un accordo bilaterale, precisando che «la verità non si negozia per denaro». Si attende quindi la normale conclusione del processo, cioè un verdetto. Intanto le tre vittime hanno espresso la loro soddisfazione per la decisione di Errazuriz di farsi da parte. Dalla Santa Sede non è giunto, invece, alcun commento sulla vicenda.

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