«La politica non di rado in anni recenti ha rinunciato al suo ruolo di mediazione sociale per edificare il bene comune, cedendo all’imprudente tentazione della ricerca di un facile consenso e cavalcando le paure ancestrali della popolazione». Questa la diagnosi del cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, intervenuto oggi pomeriggio alla Università Lumsa di Roma al convegno internazionale promosso dalla Fondazione Ratzinger sul tema “Diritti fondamentali e conflitti fra diritti”.

Posando lo sguardo sul contesto internazionale, «rincresce constatare - ha denunciato il Segretario di Stato - la minore propensione a collaborare nel ricercare soluzioni condivise fra gli Stati, a fronte del prevalere di nuove forme di nazionalismo». Mentre, ha aggiunto, il suo «impegno nella promozione della dignità dei più deboli, specialmente dei bambini e degli adolescenti che sono forzati a vivere lontani dalla loro terra d'origine e separati dagli affetti familiari», ha procurato anche a Papa Francesco, «talvolta un sentimento di ostilità specialmente tra quanti hanno visto il proprio territorio fortemente investito dalle recenti migrazioni».

Da parte sua, ha però assicurato il primo collaboratore del Papa, «la Santa Sede, attraverso le Missioni Permanenti a New York, per quanto concerne i migranti, e a Ginevra, per quanto riguarda i rifugiati, continua ad offrire il proprio contributo attivo alle discussioni e nelle consultazioni preparatorie, promuovendo la visione del Pontefice, incentrata attorno a quattro verbi: accogliere, proteggere, promuovere e integrare».

Secondo Parolin, «non si deve tuttavia indulgere in fraintendimenti: lo stesso Papa Francesco non ha mancato di sottolineare che l'accoglienza deve essere ragionevole, ovvero deve essere accompagnata dalla capacità di integrare e dalla prudenza dei governanti. Affermare il diritto di chi è debole a ricevere protezione, non significa dunque esentarlo dal dovere di rispettare il luogo che lo accoglie, con la sua cultura e le sue tradizioni». «D'altra parte - ha poi concluso ilprimo ministro vaticano - il dovere degli Stati di intervenire in favore di chi è in pericolo, non significa abdicare al legittimo diritto di tutelare e proteggere i propri cittadini e i propri valori». 

«Tali difficoltà - ha assicurato Parolin - non tolgono l'impegno della Santa Sede nel ricercare un dialogo costruttivo con tutti per difendere le vite in pericolo, né lo sforzo della Chiesa e delle sue istituzioni caritative a interagire con la società civile per favorire soluzioni concrete che allevino la sofferenza dei migranti e tutelino la vita e le attività dei cittadini».

Il cardinale Parolin ha pure lamentato «la crescente insofferenza che si avverte da più parti nei confronti delle Organizzazioni internazionali e della diplomazia multilaterale, mette oggi in serio pericolo l'interlocuzione sui diritti umani. Da parte sua - ha chiarito - la Santa Sede ritiene fondamentale favorire il più ampio confronto possibile con tutti gli uomini di buona volontà e con quelle istituzioni che si adoperano per tutelare i diritti dell'uomo, e promuovere il bene comune e lo sviluppo sociale». 

«Papa Francesco - ha dunque concluso il cardinale - ci sprona costantemente a costruire ponti e ponti possono essere costruiti con molteplici interlocutori, sia nel campo multilaterale che in quello bilaterale, tanto con gli Stati che con le organizzazioni non-governative, con interlocutori religiosi, come pure con soggetti laici e aconfessionali».

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