Scava scava e sembra che sotto le Catacombe di San Gennaro, oggetto di un caso mediatico per il “contenzioso” tra Vaticano e Arcidiocesi di Napoli, ci siano solo notizie infondate e malintesi. Un documento inedito della Santa Sede datato marzo 2018, pubblicato in esclusiva dalla emittente della CEI Tv2000, afferma che mai la Santa Sede ha chiesto somme arretrate alla Cooperativa “La Paranza” (alla quale l’arcidiocesi ha affidato nel 2009 la gestione del sito archeologico) e che soprattutto il Vaticano aveva accettato già mesi fa di «azzerare» ogni debito pregresso, manifestando anzi la volontà di avviare «una nuova fase di collaborazione su una base di trasparenza e legalità». Il contrario, insomma, di quanto emerso finora.

Riassumendo in sintesi questa storia che va avanti da alcune settimane, alcuni organi di stampa denunciavano a fine ottobre che la Commissione di Archeologia Sacra della Santa Sede, facente capo al Pontificio Consiglio per la Cultura, avesse chiesto alla Chiesa partenopea di saldare alcuni debiti del passato, esattamente 700mila euro per gli ultimi dieci anni, per la gestione delle famose catacombe nel Rione Sanità.

Il Concordato stabilisce, infatti, che sia la Santa Sede ad occuparsi della gestione di tutte le catacombe presenti sul territorio nazionale, circa 120 (di cui una ventina aperte al pubblico) compresa quella di Napoli che porta il nome del suo patrono. Secondo una convenzione in scadenza nel prossimo mese di luglio, alla Commissione vaticana spetterebbe il 50% degli introiti provenienti da ciascuna catacomba come contributo necessario per la tutela, la conservazione, il restauro e gli interventi urgenti di recupero il cui onere cade esclusivamente sulle spalle della Commissione, non ricevendo a tal fine alcun contributo statale.

La polemica è data dal fatto che la riscossione degli arretrati da parte del Vaticano metterebbe a serio rischio il posto di lavoro di un gruppo di 35 ragazzi de “La Paranza” che, proprio grazie a questa occupazione, erano stati recuperati dalla strada e avevano guadagnato una speranza per il futuro. Negli anni, infatti, il numero dei visitatori è cresciuto e la Cooperativa ha potuto dare lavoro a molti ragazzi in un quartiere così difficile come il Rione Sanità. Soprattutto, se davvero la Commissione pontificia formalizzato il recupero della cifra sarebbe stato messo in crisi l’intero “modello Sanità”, il riscatto cioè di un rione noto perlopiù per fatti e misfatti di “cronaca nera” attraverso il turismo e l’economia.

Il caso è esploso dopo l’incontro a Napoli tra il cardinale Gianfranco Ravasi e il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo della città, che doveva rimanere privato ma i cui contenuti sono stati diffusi a mezzo stampa. In particolare la presunta somma di 700mila euro e il rischio dei licenziamenti di massa ha suscitato proteste e sit-in con striscioni e cartelli nel quartiere napoletano contro il Vaticano – fomentate, sembra, anche da alcuni sacerdoti - che ha coinvolto non solo gli impiegati de “La Paranza” ma anche abitanti, commercianti, professori universitari e l’intera società civile. E si è arrivati a scomodare anche il presidente della Camera dei Deputati, Roberto Fico, recatosi nel quartiere qualche giorno fa per incoraggiare i ragazzi a rischio licenziamento. Il tutto è sfociato anche in una raccolta firme lanciata dalla Onlus “L’Altra Napoli” per chiedere l’intervento del Papa sulla questione che ha registrato quasi 90mila adesioni.

In questa storia in cui il riscatto sociale e la disoccupazione giovanile si intrecciano alla narrativa un po’ stantia di una Chiesa assetata di denaro, manca solo un tassello: questi 700mila euro non sono mai stati richiesti dalla Santa Sede, anzi non sono mai esistiti.

Non solo, il contenzioso nasce dal fatto che intenzione del Vaticano era di riportare solo un po’ di ordine e legalità nella Catacomba napoletana, l’unica in Italia - a quanto risulta dal documento pubblicato da Tv2000 - che non solo non ha mai corrisposto la percentuale degli introiti stabilita ma nemmeno ha mai inviato a Roma alcun rendiconto dettagliato dei suoi bilanci. In pratica, sostengono tra le mura leonine, “La Paranza” gestisce il sito in totale autonomia, emettendo biglietti in proprio e non fornendo bilanci.

Quindi nessuno voleva e vuole interrompere l’opera di grande rilievo sociale, come assicura la Commissione di Archeologia Sacra, ma bisogna far quadrare i conti su una base nuova di trasparenza e legalità, senza creare disparità di trattamento con le altre catacombe aperte al pubblico, e gestite da altri soggetti, che hanno sempre rispettato gli accordi con la Commissione. E si parla anche in quei casi di zone problematiche come Palermo, Siracusa o Tor Pignattara a Roma.

L’arcivescovo Sepe è venuto a Roma nei giorni scorsi per l’assemblea d’autunno della Cei e ha avuto modo di incontrare più volte Ravasi. Una nota della Curia di Napoli riferisce infatti che il porporato «in questi giorni ha lavorato, nel silenzio, in stretta collaborazione con la Santa Sede, perché si individuasse un percorso positivo ed efficace finalizzato al rinnovo della convenzione per una migliore gestione e fruizione delle Catacombe di San Gennaro e San Gaudioso». Da entrambe le parti è stato espresso il «comune convincimento che esistono concrete condizioni per una soluzione che tenga conto delle esigenze istituzionali, a garanzia dei diritti e dei doveri delle parti in causa».

«In silenzio» vogliono lavorare pure i giovani de “La Paranza”, come riferiscono in un comunicato diffuso dopo il servizio di Tv2000, in cui dicono di attendere «l’avvio del confronto per la nuova convenzione così come indicato dal cardinale Crescenzio Sepe». L’obiettivo è infatti un nuovo accordo da stipulare magari prima della scadenza di luglio del precedente, in modo da chiarire anche a chi di dovere spettino i lavori di restauro del sito e chiudere così questa vicenda che pare essere sfuggita a tutti di mano.

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