Per la Santa Sede emigrare è un diritto. La migrazione volontaria, sicura, ordinata, regolare e ben gestita contribuisce allo sviluppo e all’arricchimento culturale. È quanto ha ribadito monsignor Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede all’Onu, intervenendo mercoledì scorso ad una conferenza sulle migrazioni organizzata dal “McMillan Center for International and Area Studies” dell’Università di Yale. La migrazione è una naturale risposta umana alla crisi, ha detto il presule nel suo intervento riportato da Vatican News. Essa è anche una testimonianza del desiderio innato di ogni essere umano a ricercare la felicità, la libertà, maggiori opportunità e condizioni adeguate per una vita migliore.

Auza ha anche ricordato che la Santa Sede ha dato il proprio contributo per la definizione del “Global Compact” promosso dall’Onu e firmato dai 193 membri dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Il testo finale di questo documento, finalizzato a promuovere passi per una migrazione ordinata e sicura, è il risultato di analisi, consultazioni e negoziazioni a livello internazionale. In particolare, la Santa Sede ha dato il proprio determinante apporto per la formulazione dell’articolo 13 in cui si indica la necessità di «creare condizioni che consentano a comunità ed individui di vivere in sicurezza e dignità nei loro Paesi».

Nel “Global Compact” è stato inoltre inserito un assunto da sempre ribadito dalla Santa Sede e cioè che «la migrazione non dovrebbe mai essere un atto di disperazione». Monsignor Auza ha quindi ricordato gli appelli, lanciati alla comunità internazionale, per rispettare i diritti fondamentali di tutti i migranti, indipendentemente dal loro status. Rispondendo a queste esortazioni della Santa Sede, nel “Global Compact “viene indicato, tra gli obiettivi, quello di garantire a tutti i migranti l’esercizio dei loro diritti attraverso un sicuro accesso ai servizi di base.

Il Vaticano, in più di una occasione, ha anche rimarcato che la migrazione è un fenomeno globale e, per questo, è necessaria una risposta globale. Questa risposta, ha affermato l’arcivescovo, si deve declinare in una «responsabilità condivisa». Pur riconoscendo e rispettando il diritto sovrano dei singoli Stati di attuare le loro politiche in materia di migrazione in base ai loro rispettivi obblighi previsti nel diritto internazionale, la Santa Sede ritiene che siano gli ambiti globali e regionali quelli più idonei per promuovere una migrazione, sicura, ordinata e regolare.

L’osservatore permanente della Santa Sede alle Nazioni Unite ha infine sottolineato che il “Global Compact” sarà «un punto di riferimento internazionale» per le buone pratiche e la cooperazione a livello globale nella gestione delle migrazioni. L’accordo, che entrerà in vigore dopo il summit di Marrakech in programma a dicembre, sarà in particolare un punto di riferimento non solo per i governi ma anche per le organizzazioni non governative. La nostra responsabilità condivisa, ha concluso Auza, può concretizzarsi solo se tutti si impegnano: «Qualunque sia la nostra parte in questa responsabilità condivisa, la nostra risposta deve essere principalmente motivata dal nostro profondo senso di comune umanità con il migrante e non da calcoli contingenti che potrebbero violare la loro dignità umana».

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