Il ministro dell’Istruzione e leader del partito HaBayit HaYehudi, Naftali Bennett, fa retromarcia e il Benjamin Netanyahu evita la crisi. Con un annuncio a sorpresa questa mattina Bennett ha annunciato che non lascerà la coalizione di governo, dopo che ieri era fallito un vertice per l’attribuzione del ministero della Difesa, lasciato vacante dalle dimissioni di un altro alleato del primo ministro, Avigdor Lieberman. Bennett lo voleva per sé e ha minacciato di scatenare la crisi di governo quando il primo ministro ne ha assunto ad interim l’incarico, ma nella notte, dopo un drammatico appello alla tv dello stesso Netanyahu, ha cambiato idea.

In una conferenza stampa con la ministra della Giustizia Ayelet Shaked, Bennett ha spiegato che sosterrà il premier nella posizione di ministro della Difesa nel tentativo di migliorare la «profonda crisi di sicurezza» di Israele. «La situazione di oggi non è più pericolosa di quanto non fosse pochi mesi fa. Non è giusto fare politica con problemi di sicurezza», ha detto il Bennett: «Hamas e Hezbollah stanno diventando più attivi perché capiscono che abbiamo paura di affrontarli. L’ex ministro della Difesa ha fallito nella sua funzione».

Ieri, in diretta tv all’ora di punta, Netanyahu si era appellato ai suo alleati perché evitassero la crisi. «Spero nella responsabilità dei partner di governo – aveva spiegato – perché non facciano cadere il governo. Sarebbe irresponsabile andare al voto, in queste condizioni di sicurezza complesse. Ho rischiato la vita molte volte per salvare le vite nella terra sacra di Israele».

Il riferimento era alla situazione a Gaza, ma non solo. Con la vittoria di Bashar al-Assad in Siria, e l’ombrello anti-aereo che la Russia ha steso sopra il suo alleato, la posizione strategica di Israele non è più inattaccabile. Netanyahu vuole evitare di aprire un fronte a Sud, con Hamas, in questo momento. Ma gli alleati della destra e dei partiti religiosi premono.

La crisi è precipitata proprio con gli ultimi scontri a Gaza, una settimana fa. Dopo un blitz di un commando israeliano nella Striscia, Hamas ha risposto con il lancio di 460 razzi in 36 ore. Netanyahu ha preferito raggiungere un cessate-il-fuoco con la mediazione dell’Egitto, nonostante i sondaggi contrari. Lieberman ha reagito con le dimissioni e accusato il premier di «capitolare di fronte ai terroristi». Netanyahu si è poi scontrato con Bennett. Ieri ha avuto un vertice con un altro alleato chiave, il ministro delle Finanze Moshe Kahlon, senza risultati. Bennett ha accusato il governo di «comportarsi come il centrosinistra» per il rifiuto di affidargli la Difesa.

Oggi è arrivata la svolta positiva ma per Netanyahu il percorso verso il voto del prossimo anno è stretto. Fino alle dimissioni di Lieberman il governo aveva 67 seggi (30 del Likud) sui 120 della Knesset. Senza i 6 seggi di Lieberman gli resta una maggioranza di un voto. Ma il primo obiettivo è evitare elezioni anticipate, perché i sondaggi sono ora negativi ma nei prossimi mesi potrebbero essere ribaltati. Fra le due principali formazioni di opposizione, l’Unione sionista di centrosinistra e la centrista Yesh Atid, è quest’ultima, guidata dall’ex star della tv Yar Lapid, ad avere più chance. Alcuni sondaggi lo danno addirittura in sorpasso sul Likud, in caduta libera a soli 20 seggi.

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