Più di lotta che di governo. Più «Italy first» e sempre meno «l’Europa è la nostra casa», come ripeteva fino al mese scorso. Se non è una metamorfosi, poco ci manca. Nelle ultime settimane il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, ha cambiato nettamente atteggiamento e soprattutto linguaggio. Il composto professore, che a settembre ancora sottolineava la necessità di «misure per la crescita economica nel rispetto delle regole», giorno dopo giorno si sta calando sempre più nei panni del ministro di un governo populista-sovranista.

L’attacco alla Francia

Tria lamenta un «pregiudizio» contro le scelte italiane. E questo perché - dice - «ci sono Paesi che hanno grandi difficoltà politiche interne in vista delle Europee», al contrario dell’Italia «che ha un governo forte». Dunque questi governi avrebbero scelto di bastonare Roma per ragioni esclusivamente elettorali. «Ma spero che finisca questo gioco del pollo - avverte Tria -, che consiste nel correre verso il baratro per vedere chi si ferma prima». Non fa i nomi di quei Paesi, ma più volte fa riferimento alla Francia «che ha sempre avuto un deficit più alto del nostro». E aggiunge: «Noi non siamo il Paese della finanza allegra». Questo, aggiunge, «è un falso storico».

Già ultimamente si era lasciato andare ad alcune espressioni sopra le righe, come quando aveva derubricato a «défaillance tecnica» le previsioni economiche della Commissione. Oppure quando aveva parlato di «manovra suicida» per rientrare nelle regole. Ieri la serie è continuata: ha ribadito che «la manovra non cambia» perché «è la risposta nazionale ai problemi che non sono stati risolti a livello europeo».

A margine dell’Eurogruppo lo ha ripetuto anche in un faccia a faccia a con Pierre Moscovici. Che però va avanti: domani la Commissione annuncerà la bocciatura della Finanziaria e sancirà la violazione della regola del debito con il rapporto 126.3. Un passaggio propedeutico all’apertura della procedura.

Discussioni “surreali”

Certo, la felpa di Salvini sta evidentemente larga a Tria. Per questo, anche quando ricorda che «aumentare il deficit era necessario per fare le cose che il governo ritiene importanti», sotto sotto ammette che «il 2,4% non era inevitabile, si poteva anche fare 2,2% o 2,1%». Però, dice, «gli scostamenti non sono grandi» e comunque «gli obiettivi di deficit non influenzano lo spread» (dopo le sue parole il differenziale è salito di 12 punti). Tutto questo per sostenere che quella in corso con la Commissione è una discussione «surreale» perché «si parla di uno 0,4% in più o in meno». In realtà lo scostamento è più ampio: l’Italia avrebbe dovuto migliorare il proprio deficit strutturale dello 0,6% del Pil e invece lo peggiora dello 0,8% (per il governo) o addirittura dell’1,2% (per la Commissione). La deviazione strutturale è quindi pari all’1,4% nella versione migliore e all’1,8% nella peggiore. «Il deficit strutturale? È un’invenzione statistica» sbotta il ministro in versione Mister Hyde. Pochi mesi fa - da dottor Jekyll - aveva assicurato: «Il saldo strutturale non peggiorerà».

Caso-Italia frena le riforme

Al momento le regole europee si basano su quel parametro. E Tria ammette che oggi non ci sono le condizioni per discutere di un’eventuale modifica. Ieri all’Eurogruppo si è parlato del bilancio dell’Eurozona proposto da Parigi e Berlino, anche se il piano franco-tedesco ancora non trova ancora pieno consenso: l’Italia si oppone perché i fondi sarebbero condizionati al rispetto delle regole. I governi del Nord lo contestano proprio per ragioni opposte. «Il caso-Italia non era in agenda - racconta un ministro - ma è emerso nel corso di altre discussioni. Un mio collega si è alzato e ha detto: abbiamo un Paese che sta violando apertamente le regole del Patto di Stabilità, come possiamo pensare di andare avanti rafforzando l’unione economico-finanziaria in questo senso?».

Quel che è certo è che nemmeno nella discussione di ieri ha trovato spazio la proposta di riforma avanzata dal ministro Paolo Savona, che lamenta il fatto di non essere ascoltato. «Di queste questioni ne discutiamo con Tria» ha risposto Pierre Moscovici a precisa domanda. «Non ne abbiamo discusso perché la proposta di Savona riguarda la riforma dei Trattati» si è giustificato il ministro.

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