La serata dedicata a Sergio Leone in cui verrà proiettato in anteprima italiana il documentario spagnolo «Sad Hill Unhearted», ambientato nelle location del «Buono, il brutto, il cattivo», la masterclass della regista Agnieszka Holland che, nel cinquantesimo anniversario della Primavera di Praga, presenta «Burning Bush», il film in tre parti che prende le mosse dalla vicenda dello studente Jan Palach, morto suicida nel ‘69, dopo essersi dato fuoco per protestare contro l’occupazione della Cescoslovacchia, i dieci cortometraggi finalisti realizzati nel contest «Noi ci siamo - Giovani, voglia di partecipazione e ricerca di senso» e poi incontri, dibattiti, prime mondiali e internazionali. Con il sottotitolo «I giorni della rivolta» la 22esima edizione del «Tertio Millennio Film Fest» (11-15 dicembre) propone una riflessione centrata soprattutto su due temi: «In un’epoca in cui, per averne un tornaconto politico, l’altro, il diverso da noi, si tende a demonizzare l’altro - spiega Davide Milani, presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo e direttore della «Rivista del Cinematografo» -, mostriamo film in cui il diverso è invece descritto in quanto risorsa. Cerchiamo in questo modo di dare il nostro piccolo contributo alla costruzione di un visione differente della realtà». L’altro argomento scottante riguarda i giovani: «Sono loro i protagonisti del cambiamento, bisogna raccontarli evitando le letture stereotipate, ricordando che rappresentano il presente e non il futuro».

L’apertura della rassegna è affidata a «Zan» («Killing») di Shinya Tsukamoto, ambientato nel Giappone della metà del XIX secolo e dedicato alla storia di un guerriero samurai che si interroga sulla sua missione: «Il germe dell’idea da cui sono partito - spiega Tsukamoto - è nell’immagine di un giovane ronin che fissa con ardore la propria spada. “Come ucciderò un’altra persona con questa spada”? “Come posso farlo?” Qualche samurai deve averlo pensato. “Anche se me lo ordina il mio padrone, come posso arrivare a tanto?”». Il film di chiusura è «Non-fiction», la commedia in cui il regista francese Olivier Assayas affronta il nodo cruciale del mondo digitalizzato e della «sua riduzione ad algoritmi». Lo scopo del film, chiarisce l’autore, è «osservare in che modo questi cambiamenti ci assillano personalmente, emotivamente e, talvolta, comicamente».

Tra gli altri titoli da non perdere «Alganesh - All’orizzonte di una speranza», documentario in cui, attraverso il viaggio in quattro campi per rifugiati in Eritrea, si descrive quello che accade prima degli sbarchi di immigrati quotidianamente raccontati sui nostri media. Odissee spaventose, al limite della sopravvivenza, dove le persone, senza cibo nè acqua, affrontano l’indicibile senza perdere, nonostante tutto, la speranza in un futuro migliore. E poi «Fatwa», riflessione sull’Islam in chiave noir firmata dal veterano del cinema tunisimo Mahmoud Ben Mahmoud, e «Lysis» di Rick Ostermann, «kammerspiel» ambientato in mezzo alla natura sulla «lotta intensa tra le anime ferite di un padre e di un figlio». Organizzato dalla Fondazione Ente dello Spettacolo, con la direzione artistica di Marina Sanna e di Gianluca Arnone, il «Tertio Millennio Filmfest» è ancora una volta luogo di promozione di «dialogo interreligioso e interculturale tra le comunità cattolica, protestante, ebraica e islamica» cui quest’anno si è aggiunta la Chiesa Ortodossa russa e georgiana (insieme all’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia e all’Unione delle Comunità Ebraiche italiane): «Insieme a loro e agli amici di sempre abbiamo costruito il festival camminando fianco a fianco, condividendo valori, intuizioni, passioni. Il dialogo non è uno stato di cose, ma un processo. Non sai mai dove ti porterà. Sai però che ti spingerà sempre verso l’Altro. Come i buoni film».