Tra i “molti Sessantotto” in cui ci si imbatte nel cinquantesimo anniversario un posto di rilievo occupa sicuramente quello dei cattolici e delle chiese cristiane, non solo quella cattolica romana. Al Polo del ’900 grazie al contributo di ricerca del Dipartimento di Studi Storici dell’Università di Torino, la Fondazione “Vera Nocentini”, la Fondazione “Michele Pellegrino” e il Centro Studi sul giornalismo “Gino Pestelli” promuovono giovedì 22 e venerdì 23 novembre un convegno nel quale il Sessantotto dei cattolici è declinato secondo le fasi della protesta politica e la rivolta religiosa che si concentrò in quei formidabili e per certi versi terribili anni a cavallo tra i Sessanta e i Settanta.

Numerosi i relatori giovani, ricercatori e docenti che non hanno vissuto il Sessantotto ma lo stanno studiando con il distacco dell’interpretazione storico scientifica: Paolo Zanini, Massimo De Giuseppe delle Università Statale e Iulm, Matteo Mennini e Alessandro Santagata e Tiziano Torresi degli Atenei di Roma e Alba Lazzaretto di Padova. Insieme a loro il più noto professor Agostino Giovagnoli dell’Università Cattolica di Milano e la professoressa Marta Margotti dell’Università di Torino, la vera anima di questo secondo simposio di studi a Torino sul rapporto tra cattolici e movimenti degli anni Sessanta. Tra i moderatori delle due sessioni di studio due docenti dell’ateneo subalpino Mauro Forno e Bartolo Gariglio.

Tra le voci più interessanti presenti a Torino il professor Gerd-Rainer Horn, di Science Po, di Parigi, che da tempo studia l’influenza della sinistra cattolica nel mondo della cultura, attraverso la pubblicazione di periodici e riviste di riflessione che hanno avuto in Francia, come in Belgio, in Portogallo e in Spagna fino all’Italia post conciliare un ruolo fondamentale nella promozione di un pensiero oltre le barriere strette di un pensiero filosofico troppo astratto e una dogmatica teologica che non rispondeva più alle sfide della società ecclesiale e politica.

«Cristiani di sinistra» o «sinistra cristiana» sono delle espressioni generiche che rinviano al tempo stesso ai cattolici ed ai protestanti, in Europa occidentale, dice il professor Horn che, nella sua ricerca, si addentra nel fenomeno del Sessantotto di carta. Un tesoro che partendo dalle esperienze di famose testate Esprit di Mounier, Etudes, El Ciervo in Francia e Spagna interpretò la realtà di quegli anni, grazie alla riflessione di cristiani inquieti orientati a realizzare una emancipazione dal contesto moderato e centrista, riproponendo una carica profetica e radicale del messaggio evangelico. «Cristiani di sinistra», «sinistra cristiana», o cristiani che si impegnano a sinistra al nome della loro fede, di sinistra perché cristiani. Sembra un gioco di parole ma è la realtà in cui si era immersa una parte consistente del mondo cattolico negli anni del post Concilio.

Le tensioni da tempo diffuse nel cattolicesimo italiano a lungo compresse, dopo una fase di fermentazione, ora sotterranea ora palese, trovarono nel Sessantotto le condizioni per venire alla luce, talora in modo esplosivo. Fu il caso della predicazione del «controquaresimale» sul sagrato della cattedrale di Trento, poi dell’occupazione del duomo di Parma. Proliferano comunità che si aggregano a livello territoriale sulla base di esplicite motivazioni di impegno da vivere tanto a livello di fede che della vita sociale. Dall’Isolotto a Firenze, da Sant’Egidio e dal monastero benedettino di San Paolo fuori le mura a Roma, dalla Comunità di Bose, nata in precedenza, ma radicatasi nel ’68, a quella di via Vandalino a Torino, a quella del quartiere di Oregina a Genova, dell’Incoronata a Milano, di San Nazaro a Brescia, di Conversano in Puglia, di Lavello in Basilicata, di Gioiosa Jonica in Calabria, per citare le più note.

Meditazione in presa diretta delle fonti testamentarie, compreso l’Antico Testamento – per certi versi una innovazione nell’ambito della cultura religiosa italiana –, esaltazione del mito delle origini cristiane come modello cui tornare per recuperare l’innocenza perduta e l’autenticità della vita cristiana retta sulla koinonìa, inedite sperimentazioni liturgiche, tensioni con l’autorità ecclesiastica, fino alla polemica spesso frontale e dura con la gerarchia cui si imputa di aver tradito lettera e spirito del Concilio, dialogo interreligioso ed ecumenico, presenza attiva nelle situazioni più varie della marginalità e del disagio sociale degli «ultimi», sostegno alla presenza missionaria, solidarietà – una sorta di globalizzazione religiosa – con le lotte di liberazione del Terzo mondo.

Nel campo della divulgazione documentata e sapiente non si può dimenticare il lavoro di Roberto Beretta, una rivisitazione dove il piano ecclesiale, con il fermento del post Concilio, e quello politico, con l’influenza del marxismo e delle ideologie liberazioniste, si sovrappongono fino a risultare spesso inseparabili. E dove una delle varie angolature scelte, e tra le più efficaci, per comprendere il bailamme cattolico di quegli anni è quella di seguire il comportamento del Pontefice stesso. Più articolata e complessa, in tal senso, è la riflessione di Paolo Corsini.

Il Sessantotto, anche quello dei giovani o meno giovani cattolici, vale per i temi che ha sollevato, i problemi che ha aperto, le attese e le speranze che ha suscitato, più che non per le risposte che ha dato o per le illusioni che ha promosso. Per le contraddizioni che ha messo a nudo e determinato, al di là del fatto che le ha rappresentate con i rituali propri del discorso ideologico, di quella ideologia che ha corroso la generosità di una generazione e che, forse, meno ha condizionato quanti, proprio in virtù della loro ispirazione cristiana, della loro fede, hanno mantenuto vigile e non sopita la coscienza di un limite, di un principio di relativizzazione di ogni forma di assoluto. In questo contesto nascono anche esperienze che dureranno nel tempo: due tra le più note la Comunità ecumenica di Bose fondata da Enzo Bianchi e la Comunità di Sant’Egidio a Roma con i giovani guidati da Andrea Riccardi.

Guardare ai vari Sessantotto con disincanto e onestà significa cogliere le sensazioni che si rivelarono alla base di movimenti articolati, percepiti come humus diffuso e aria contagiosa, a cui seguirono poi i venti gelidi degli ideologismi, delle violenze, dei sovvertimenti. Ma il clima iniziale, ricorda lo storico Alessandro Parola, era quello di una voglia di cambiamento, di girare pagina, di svecchiare sistemi e apparati. Nelle attese dei cattolici il Sessantotto poteva inverare il Concilio, rigenerando profondamente la Chiesa. Il richiamo giovanneo ai «segni dei tempi», la Populorum Progressio di Paolo VI, le figure scomode come don Mazzolari, don Milani, Dossetti, La Pira, Lazzati, i cardinali Giacomo Lercaro e Michele Pellegrino: nel cuore del cristianesimo italiano non mancavano elementi di innovazione dell’autocoscienza ecclesiale. A questo «movimento» seguirono filoni circoscritti di dissenso, che ebbero tra le altre manifestazioni più eclatanti numerosi episodi di abbandoni di preti del ministero, di seminari in subbuglio, di percorsi di base talora sbilanciati e laceranti.

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