Danza e Israele, danza e ebraismo. I due temi si avvicinano e si incrociano se la Batsheva Dance Company, portata a fama mondiale da Ohad Naharin, il più acclamato coreografo israeliano oggi, si esibisce al Teatro Abbado di Ferrara su un progetto condiviso dal Meis ( il Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah) . Perché a Ferrara alla corte degli Estensi ( e nelle altre corti italiane) erano attivi nel Rinascimento maestri di ballo ebrei che insegnavano danza ai nobili cortigiani. A partire da Guglielmo Ebreo da Pesaro, fra i primi maestri e trattatisti del 400. Paese dove la danza a partire dagli Anni 60 ha avuto un inarrestabile impulso, Israele, e dove la Batsheva è sicuramente la compagnia portabandiera.

“Last Work” è il titolo presentato in un teatro stracolmo e plaudente. A dispetto del titolo non è l’ultimo lavoro di Naharin che della Batsheva è stato direttore artistico dal 1990 al 2018. Il coreografo ha preso le redini di un gruppo storico fondato dalla baronessa Batsheva de Rothschild e Martha Graham nel 1964 e lo ha trasformato in uno strumento perfetto per esprimere la sua danza originale e coinvolgente. Ha creato una tecnica, Gaga, destinata a professionisti ma anche a danzatori amatoriali che permette di uscire dagli abituali cliché per dare spazio alla propria forza interiore.

Oggi Naharin mantiene il ruolo di coreografo residente in esclusiva: quando collabora con altre realtà , come recentemente con l’Opéra di Parigi, riallestisce pezzi già rodati.

Ma intanto ecco “Last Work” che si apre con una ragazza in blu sullo sfondo intenta a correre su un tapis roulant: corre e sembra voler attraversare la scena, ma è una corsa sur place, mentre davanti a lei , uscendo da quinte laterali grigie, si anima una umanità mossa da gesti intensi, introspettivi. Sono movimenti lenti e dall’energia concentrata che si sviluppano su una musica d’ambiente incline alla meditazione.

Nella seconda parte la musica tecno prende piede e il ritmo diventa martellante. I danzatori prima impegnati ciascuno in un proprio percorso si uniscono in gruppo e si muovono all’unisono a piccoli passi. Si intrecciano relazioni gestuali soltanto allusive senza un definito significato. Alcuni interpreti indossano tonache sacerdotali. Un ragazzo sullo sfondo agita una bandiera bianca. Un altro con un lungo rotolo di scotch blocca e lega tutti i danzatori sparpagliati sul palco. Naharin ci vuole ricordare le tensioni della vita israeliana? Il riferimento resta sottinteso e mai esplicitato. Quello che emerge con evidenza invece è la straordinaria energia e bravura dei danzatori di Batsheva.

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