«Nessuno ha il diritto di mettere in stato d’accusa il Papa né di chiedergli di dimettersi!». Gli attacchi e le pubbliche polemiche «finiscono per mettere in discussione la credibilità della Chiesa e la sua missione». Il cardinale Gerhard Ludwig Müller, teologo e Prefetto emerito della Congregazione per la Dottrina della fede, ci riceve nella sua abitazione in Piazza della Città Leonina, nelle stanze in cui ha abitato per un quarto di secolo il cardinale Joseph Ratzinger. È preoccupato per il clima che si respira nella Chiesa, le tensioni, le polarizzazioni e le fazioni contrapposte. 

 

L'arcivescovo Carlo Maria Viganò a fine agosto ha pubblicato un dossier mettendo in stato d'accusa il Papa per una presunta “copertura” del cardinale Theodore McCarrick ed è arrivato a chiedere che Francesco di dimetta: che cosa ne pensa?

«Nessuno ha il diritto di mettere in stato d’accusa il Papa né di chiedergli di dimettersi! Chiaramente è possibile avere opinioni diverse sui problemi esistenti e sulle vie per risolverli, ma dobbiamo discuterne secondo i ruoli di ciascuno e alla fine sono i cardinali, come rappresentanti della Chiesa di Roma, che possono aiutare il Papa o chiedere al Papa alcune spiegazioni. Ma questo deve avvenire in forma riservata, nei luoghi propri, e senza mai fare una polemica pubblica con attacchi che finiscono per mettere in discussione la credibilità della Chiesa e la sua missione. Sono personalmente convinto che Papa Francesco faccia tutto ciò che è possibile per contrastare il fenomeno degli abusi sui minori e per favorire una nuova spiritualità dei sacerdoti, che devono agire secondo il cuore di Cristo e fare il bene di tutte le persone, soprattutto dei bambini e dei giovani».

 

Oggi anche il terribile scandalo degli abusi viene usato per battaglie interne nella Chiesa. Lei è d'accordo?

«Dobbiamo tutti cooperare per superare questa crisi che ferisce la credibilità della Chiesa. Purtroppo abbiamo questi gruppi, questi “partiti” - i cosiddetti “progressisti” e “conservatori”. Noi siamo tutti uniti nella fede rivelata, e non dai pregiudizi di ideologie politiche. Noi non siamo un ente politico, la Chiesa è stata istituita da Gesù Cristo ed è guidata dai vescovi e soprattutto dal Successore di Pietro che è il principio permanente e fondamentale della unità della Chiesa nella verità rivelata e nella comunione sacramentale, nel nostro essere fratelli e nel fidarci uno dell’altro, come si legge nella Costituzione conciliare Lumen gentium al numero 18. Spero che il Papa possa fare qualche iniziativa per una riconciliazione. Ad esempio per gestire la crisi seguita allo scandalo degli abusi negli Stati Uniti, potrebbe nominare una commissione di cardinali di sua fiducia, per studiare la situazione e sulla base di solide informazioni poi avanzare alcune proposte, al di là delle contrapposizioni, delle lotte tra fazioni, dei sospetti reciproci, delle campagne mediatiche di propaganda. Abbiamo bisogno di una solida base di informazioni: solo così si possono prendere decisioni per il futuro». 

 

Non c'è dubbio che gli abusi sui minori siano un crimine e un peccato abominevole. Non crede però che vi sia - dentro la Chiesa - chi confida troppo nelle best practices e nelle norme come soluzione del problema? Non si rischia di dimenticare che la Chiesa non è un’azienda?

«Il Diritto canonico per noi è uno strumento, un aiuto necessario alla Chiesa, che come ogni societas ha bisogno delle sue regole. Nel Diritto canonico abbiamo delle norme di diritto divino che non possiamo cambiare, ma anche delle norme di diritto umano, ecclesiastico, che possiamo cambiare e aggiornare per rispondere sempre meglio alle esigenze e alle circostanze da affrontare. Ma, noi, la Chiesa, siamo una realtà sacramentale e spirituale e più importanti sono le dimensioni della morale e della fede: non bastano le regole, le norme, la disciplina esterna. Abbiamo bisogno di un rinnovamento spirituale, di preghiera e penitenza, attingere alla grazia dei sacramenti, leggere e meditare la Bibbia, entrare nello spirito di Gesù Cristo. Dobbiamo essere sacerdoti secondo il cuore di Gesù, il cuore di Gesù Cristo sulla croce, che ha patito ed è morto per amore di tutti i peccatori e di ogni essere umano. Il sacerdote è un alter Christus, non per la sua bravura o la sua capacità, ma perché dà il suo cuore per gli uomini. Dobbiamo testimoniare questo e così facendo ristabilire la credibilità della Chiesa affinché la gente incontri la fede».

 

Benedetto XVI e Francesco, di fronte agli scandali degli abusi, hanno insistito nel cammino della conversione e della preghiera…

È la via più autentica. Ci sono le procedure che sono state stabilite per combattere il fenomeno, ma il rinnovamento spirituale, la conversione sono più importanti. Ci sono preti che non vanno mai agli esercizi spirituali, non si accostano mai al confessionale, non pregano il breviario. E quando la vita spirituale è vuota, come può un sacerdote agire secondo Cristo? Rischia di diventare un “mercenario”, come leggiamo nel Vangelo di Giovanni».

 

Ha fatto molto scalpore che la Santa Sede abbia chiesto ai vescovi americani di rimandare il voto sulle nuove norme anti-pedofilia che prevedevano di istituire commissioni di laici per indagare sulla responsabilità dei vescovi e codici di accountability. Come giudica quanto è accaduto?

«Secondo l’istituzione sacramentale della Chiesa, i vescovi hanno la loro responsabilità, il Papa ha la sua, ma tutti devono collaborare. Abbiamo norme sufficienti nel Diritto canonico, c’è il motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela del 2001, ci sono le norme già esistenti della Congregazione per la Dottrina della fede, e non sempre tutti i vescovi hanno collaborato con il nostro dicastero. Non hanno informato come è stabilito che si faccia. Prima dobbiamo fare ciò che è già stabilito e indicato come necessario e obbligatorio dalle norme esistenti. E dopo si potrà collaborare, in uno spirito fraterno e di collegialità, e magari discutere se il tono del testo proposto era adeguato. Mi hanno detto che il testo è arrivato a Roma dagli Stati Uniti all’ultimo momento: perché non è stato inviato prima? Si deve evitare il confronto e la polemica pubblica, e discutere prima insieme per arrivare a una decisione. Si deve parlare di più prima. Io pensavo fosse necessario che la presidenza della Conferenza episcopale americana consultasse prima con i nostri esperti alla Congregazione per la dottrina della fede. Il Santo Padre è una singola persona, non può occuparsi di ogni cosa. Per questo ci sono i dicasteri della Curia romana, per collaborare e arrivare a una proposta bene elaborata da portare al Papa».

 

Oggi c’è chi insiste nel dire che il problema degli abusi è in realtà legato al problema dell'omosessualità del clero. Che cosa ne pensa?

«Pedofilia e omosessualità sono espressioni della psicologia che aiutano la Chiesa nella sua teologia morale. Ma per noi la dimensione resta la morale: cioè se si agisce secondo i Comandamenti, secondo la santa volontà santa di Dio, oppure no. Questo è per noi il problema. Dobbiamo collaborare con la psicologia e la sociologia, ma noi nella Chiesa a livello di magistero non dobbiamo mettere in primo piano queste discipline. Dobbiamo invece basarci sulla teologia morale. È chiaro che secondo la volontà di Dio, per fedeli laici non è possibile avere rapporti sessuali al di fuori del matrimonio, e per un prete - che si è impegnato a vivere il celibato - non è possibile avere rapporti sessuali. Né tantomeno è possibile per chiunque abusare sessualmente di ragazzi o bambini. L’abuso sui minori è un peccato abominevole che ruba l’anima dei piccoli affidati alle nostre cure, è qualcosa di diabolico! Dobbiamo elevare il livello morale del clero. Quanto alla sua domanda: non possiamo parlare di “omosessuali”. Non esistono gli “omosessuali” come categoria. Ci sono persone concrete che hanno alcune tendenze, e ci sono le tentazioni. Il nostro cuore è ferito dal peccato originale e dobbiamo superare le tentazioni con la grazia, la nuova vita in Gesù Cristo. Chiamando sempre peccato il peccato e riconoscendolo come tale, per non cadere nella corruzione di chi pecca e si auto-giustifica».

 

Papa Francesco parla di abuso di potere e clericalismo per indicare che prima di essere un abuso sessuale, quello dei chierici sui minori (e sugli adulti vulnerabili) è un abuso da parte di chi esercita un'autorità sulla vittima. Per questo si può dire - ad esempio - che McCarrick non aveva semplicemente delle relazioni omosessuali con i suoi seminaristi, ma che li abusava.

«Credo che il Papa voglia sottolineare il fatto che nell’abuso sessuale contro i minori commesso dai sacerdoti c’è sempre un abuso dell’autorità naturale e spirituale del sacerdote. Lui è rappresentante di Gesù Buon Pastore, i bambini e i ragazzi si fidano di lui e lui esercita una paternità su di loro. L’abuso sessuale incomincia con un abuso di autorità e di coscienza. Questo credo intendesse dire il Santo Padre. Se uno è secolarizzato nel suo cuore, per lui le categorie del potere, dell’interesse, del lusso, del denaro, del piacere, diventano idoli. Il sacerdote non deve essere mondanizzato: il nostro tempo, il nostro essere, è per la gente, per il popolo di Dio.

 

Papa Francesco insiste a mettere in guardia dal clericalismo…

«A me non piace questa parola perché è ambivalente, ma come ho detto, si intende qui l’abuso dei poteri d'ufficio da parte del sacerdote. Che smette di essere buon pastore secondo il cuore di Gesù e si trasforma in un mercenario. Ecco queste sono le parole della Bibbia»

 

Eminenza, come giudica la polarizzazione e l’enfasi con la quale certi gruppi e certi media strumentalizzano certe nomine sbagliate, magari con significativi omissis a seconda della cordata di appartenenza?

«Abbiamo esempi molto chiari nella Bibbia: lo stesso Gesù ha chiamato i dodici apostoli e uno di loro era un traditore, Giuda. Anche oggi è possibile che il Papa nomini una persona che è “falsa”, che non è idonea per l’incarico, per l’episcopato. Gesù Cristo stesso, pur conoscendo tutto grazie al suo intelletto divino, ha lasciato la libertà al traditore Giuda. Ognuno poi è responsabile per il suo peccato: noi possiamo, attraverso il processo di selezione con le Congregazioni, attraverso tutti i nostri giudizi umani, fare il possibile per eleggere un buon candidato. Ma il Papa non è responsabile di ciò che poi fanno questi vescovi, come i vescovi non lo sono per tutto ciò che fanno i loro sacerdoti. Ognuno è personalmente responsabile per il male che commette. 

 

Come migliorare, allora, il processo di selezione dei vescovi?

«Per noi uomini non è possibile formulare un giudizio assoluto, perfetto: lo facciamo secondo le nostre limitate possibilità, secondo quanto ci è dato di conoscere. Si devono cercare i candidati idonei all’episcopato, ma il Papa non è infallibile nella nomina di qualcuno. E anche in futuro non potremo evitare del tutto gli errori. Dobbiamo imparare dagli errori, cercare di farne sempre di meno, cercare di fare sempre meglio il lavoro di selezione. Ma siamo uomini, e come tali tutti peccatori e fallibili. Abbiamo tutti bisogno della misericordia e del perdono di Dio, dobbiamo tutti riconoscerci peccatori. Non abbiamo bisogno di chi si erge a giudice o a vendicatore considerandosi giusto. Io sono convinto che un passo significativo sarebbe quello di promuovere una collaborazione maggiore fra i vari dicasteri della Curia romana per il bene della Chiesa. I singoli dicasteri fanno tutti già riferimento al Papa, ma andrebbe corroborata la collaborazione orizzontale».

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