Prima la cura dei pellegrini, poi quella delle finanze. A rettori e operatori dei Santuari, riuniti a Roma dal 27 novembre fino ad oggi per il primo Convegno internazionale sul tema “Il Santuario porta aperta per la nuova evangelizzazione”, Papa Francesco traccia una scala di priorità per il loro servizio. In primo luogo, c’è l’«importanza dell’accoglienza da riservare ai pellegrini»: «Non può accadere - ha ammonito Bergoglio - che si ponga maggior attenzione alle esigenze materiali e finanziarie, dimenticando che la realtà più importante sono i pellegrini. Loro sono quelli che contano, il pane viene dopo».

Per il Papa «è triste» che nei Santuari, sempre più spesso «meta non di gruppi organizzati, ma di pellegrini singoli o a gruppetti autonomi che si mettono in cammino per raggiungere questi luoghi santi», non ci sia «nessuno che dia ad essi una parola di benvenuto e li accolga come pellegrini che hanno compiuto un viaggio, spesso lungo, per raggiungere il Santuario».

Più brutto ancora «è quando trovano chiusa la porta», considerando l’importanza che i Santuari rivestono per la fede del popolo. Essi «sono insostituibili perché mantengono viva la pietà popolare» e la pietà popolare, espressione coniata da San Paolo VI nel numero 48 della Evangelii nuntiandi in sostituzione della «religiosità popolare» rappresenta «il sistema immunitario della Chiesa», afferma Francesco citando la frase suggeritagli da un vescovo italiano.

«È molto importante mantenere viva la pietà popolare e non dimenticare quel gioiello», ha affermato Francesco. Importante anche è creare questo «clima di amicizia» che è «un seme fecondo che i nostri Santuari possono gettare nel terreno dei pellegrini, permettendo loro di ritrovare quella fiducia nella Chiesa che a volte può essere stata delusa da un’indifferenza ricevuta».

«Verso ognuno di loro dobbiamo avere l’attenzione di fare in modo che si senta “a casa”, come un famigliare atteso da tanto tempo che finalmente è arrivato», ha detto il Papa. «Bisogna considerare - ha aggiunto - anche che molte persone visitano il santuario perché appartiene alla tradizione locale; a volte perché le sue opere d’arte costituiscono un’attrazione; oppure perché è situato in un ambiente naturale di grande bellezza e suggestione. Queste persone, quando sono accolte, diventano più disponibili ad aprire il loro cuore e a lasciarlo plasmare dalla grazia».

Insomma, «nessuno nei nostri santuari dovrebbe sentirsi un estraneo, soprattutto quando vi giunge con il peso del proprio peccato», è stata la raccomandazione del Papa, secondo il quale il santuario «è luogo privilegiato per sperimentare la misericordia che non conosce confini». «Questo - ha aggiunto a braccio - è uno dei motivi che mi ha spinto a volere la Porta della misericordia» anche nei Santuari durante il Giubileo.

Da qui un cenno al sacramento della Riconciliazione «che così spesso viene celebrato nei Santuari»: esso «ha bisogno di sacerdoti ben formati, santi, misericordiosi e capaci di far gustare il vero incontro con il Signore che perdona». Per questo motivo nei diversi luoghi sacri non deve mai mancare la figura del “Missionario della Misericordia”.

E a proposito dell’incontro tra fedeli e sacerdoti, che nei Santuari trova il suo scenario privilegiato («Il santuario è un posto dell’incontro, non solo col pellegrino con Dio, ma anche di noi pastori con il nostro popolo»), Bergoglio ha concluso il suo dialogo con un aneddoto personale su «un professore di letteratura, gesuita» conosciuto in Argentina, quando lui era rettore della Facoltà teologica. Lui, ha raccontato, «aveva tanta genialità, tutta la vita è stato un professore di letteratura ad alto livello.... Poi è andato in pensione e ha chiesto al provinciale di fare qualcosa di pastorale in un quartiere povero, di avere contatto con il popolo, con la gente. Gli affidarono un quartiere di gente pietosa ma molto povera, che andava ai Santuari».

Da quella esperienza il professore letterato e pensionato ha imparato due cose: «Il santo popolo fedele di Dio è ontologicamente “olimpico”: vuol dire fa quello che vuole, e metafisicamente “artante”: stufa, stanca il popolo di Dio. Aveva capito che il popolo di Dio stanca». Tra le risate dei presenti, Francesco ha ribadito l’invito ai sacerdoti ad andare al santuario per incontrare il popolo: «Capire il popolo di Dio, senza pregiudizi, con quel fiuto della fede, con quella “infallibilità in credendo” di cui parla il numero 12 della Lumen gentium. Questo incontro è fondamentale - ha sottolineato -: se il pastore nel santuario non riesce a incontrare il popolo di Dio, meglio che il vescovo gli dia un’altra missione, perché non è adatto per quello, soffrirà tanto e farà soffrire il popolo».

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