«È dovere e compito dei governi affrontare con coraggio questa lotta contro i trafficanti di morte: non avere paura di dare queste qualifiche»: lo ha detto il Papa nel corso di una udienza rivolta a una conferenza internazionale che si è svolta in questi giorni in Vaticano sul tema «Droga e Dipendenze: un ostacolo allo sviluppo umano integrale». Le dipendenze vecchie e nuove richiedono un «maggiore coordinamento» perché «non servono politiche isolate: è un problema umano, è un problema sociale, tutto deve essere collegato».

«L’intera comunità nel suo insieme è interpellata dalle attuali dinamiche socio-culturali e dalle forme patologiche derivate da un clima culturale secolarizzato, segnato dal capitalismo di consumo, dall’autosufficienza, dalla perdita dei valori, dal vuoto esistenziale, dalla precarietà dei legami e delle relazioni», ha detto Jorge Mario Bergoglio. «La droga, come già più volte sottolineato, è una ferita nella nostra società, che intrappola molte persone nelle sue reti. Sono vittime che hanno perso la loro libertà in cambio di questa schiavitù, di una dipendenza che possiamo definire chimica. L’uso della droga causa gravissimi danni alla salute, alla vita umana e alla società: voi lo sapete bene. Tutti siamo chiamati a contrastare la produzione, l’elaborazione e la distribuzione della droga nel mondo. È dovere e compito dei governi affrontare con coraggio questa lotta contro i trafficanti di morte: non avere paura di dare queste qualifiche».

«Un ambito sempre più rischioso – ha proseguito il Papa – si sta rivelando lo spazio virtuale: in alcuni siti di Internet, i giovani, e non solo, vengono adescati e trascinati in una schiavitù dalla quale è difficile liberarsi e che conduce alla perdita del senso della vita e a volte della vita stessa. Di fronte a questo scenario preoccupante, la Chiesa sente come urgente il bisogno di instaurare nel mondo contemporaneo una forma di umanesimo che riporti al centro del discorso socio-economico-culturale la persona umana. Un umanesimo che ha quale fondamento il “Vangelo della Misericordia”. A partire da esso, i discepoli di Gesù trovano ispirazione per attuare un’azione pastorale veramente efficace al fine di alleviare, curare e guarire le tante sofferenze legate alle multiformi dipendenze presenti sulla scena umana».

Sottolineando l’impegno della Chiesa sul fronte della prevenzione, della cura, della riabilitazione e del reinserimento, il Pontefice argentino ha rimarcato che «per vincere le dipendenze è necessario un impegno sinergico, che coinvolga le diverse realtà presenti sul territorio nell’attuare programmi sociali orientati alla salute, al sostegno familiare e soprattutto all’educazione» ed è pertanto necessario «un maggiore coordinamento delle politiche antidroga e anti-dipendenze: non servono politiche isolate, è un problema umano, è un problema sociale, tutto deve essere collegato creando reti di solidarietà e prossimità nei confronti di coloro che sono segnati da queste patologie». E anche coloro che «sono usciti dal tunnel della droga e delle varie dipendenze» potranno «a loro volta lenire le sofferenze di tanti fratelli e sorelle in difficoltà».

Il convegno organizzato dal Dicastero vaticano per il Servizio dello Sviluppo umano integrale guidato del cardinale Peter Turkson, iniziato giovedì si è concluso ieri sera con una celebrazione presieduta dal cardinale Pietro Parolin. «Nell’ultimo decennio – ha detto il Segretario di Stato vaticano nel suo intervento – il concetto di abuso e di dipendenza ha subito una notevole dilatazione, in quanto il ventaglio delle dipendenze si è andato notevolmente espandendo, includendo un gruppo multiforme di disturbi in cui l’oggetto della dipendenza non è solo una sostanza, bensì un’attività, spesso incoraggiata e socialmente accettata. Queste nuove forme di dipendenza compulsiva dal gioco d’azzardo, internet, shopping, sesso, pornografia, cellulare, dove l’oggetto di dipendenza diventa pensiero ossessivo per la persona ed influenza il suo comportamento e la sua vita, sono il segnale di un disagio psichico profondo dell’individuo e di un impoverimento sociale di valori e di riferimenti». Il Porporato veneto ha sottolineato, in particolare, che «occorre pensare, non solo al lavoro di recupero, ma anche ad un’azione di prevenzione che si traduca in un intervento sulla comunità nel suo insieme, affinché l’azione educativa, culturale e formativa coinvolga il più ampio numero di persone e non soltanto gruppi a rischio».

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