«Sanare le ferite del passato e creare una nuova dinamica di incontro e di convivenza come risultato dei nostri beati». È il frutto che Papa Francesco spera possa nascere dalla beatificazione di oggi, a Orano, dei 19 martiri dell’Algeria: il vescovo Pierre Claverie e altri religiosi e religiose, tra cui i sette monaci di Tibhirine, massacrati negli anni bui del terrorismo islamico nel Paese nordafricano, messo in ginocchio da una sanguinosa guerra civile. 

Le parole del Papa - che già aveva commemorato i nuovi beati al termine dell’Angelus di oggi, quali «umili costruttori di pace e testimoni della carità cristiana» - sono contenute nel messaggio ai cattolici algerini letto al termine della celebrazione nel santuario Notre-Dame de Santa Cruz presieduta dal cardinale Angelo Becciu, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, alla quale sono presenti centinaia di fedeli, pellegrini, confratelli degli stessi ordini, autorità e anche alcuni imam.

Nel testo Francesco rivolge gratitudine e intenzioni di preghiera anche a «tutti i figli e le figlie dell’Algeria che sono stati vittime della stessa violenza per aver vissuto, con fedeltà e rispetto per l'altro, i loro doveri di credenti e cittadini in questa terra benedetta». Per il Papa, con questa beatificazione dei martiri cristiani, la Chiesa vuole testimoniare «il suo desiderio di continuare a lavorare per il dialogo, la concordia e l’amicizia», nella ferma convinzione che tale evento senza precedenti attirerà «un grande segno di fratellanza nel cielo algerino per il mondo intero».

Il Pontefice ricorda anche le radici della Chiesa algerina che «sa di essere l’erede, insieme a tutta la nazione algerina, del grande messaggio d’amore offerto da uno dei tanti maestri spirituali della vostra terra, sant’Agostino d’Ippona». Oggi è necessario diffondere questo stesso messaggio, «in un momento in cui tutti i popoli cercano di far avanzare la loro aspirazione a vivere insieme in pace».

Nella sua omelia, il cardinale Becciu, muovendo le riflessioni dal libro dell’Apocalisse che riporta l’immagine della moltitudine di eletti hanno sperimentato la «grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello», ha sottolineato come «il dolore, l’impegno rigoroso della testimonianza, la rinuncia a se stessi non generano morte ma gloria, non producono fallimento ma vita e felicità». 

Questa gloria è giunta in Algeria grazie ai 19 religiosi oggi elevati agli onori degli altari, uccisi tra il 1994 e il 1996 in luoghi e tempi diversi ma nello stesso contesto turbolento. «In questa terra - ha detto il cardinale - essi hanno annunciato l’amore incondizionato del Signore verso i poveri e gli emarginati, testimoniando la loro appartenenza a Cristo e alla Chiesa fino al martirio». 

«Provenienti da otto Istituti diversi, questi nostri fratelli e queste nostre sorelle vivevano in questo Paese svolgendo diverse missioni e furono forti e perseveranti nel loro servizio al Vangelo e alla popolazione, nonostante il clima minaccioso di violenza e di oppressione che li circondava». Nel leggere le loro biografie si rimane infatti colpiti nell’apprendere che, ha sottolineato Becciu, «tutti, pur consapevoli del rischio che li assediava, decisero coraggiosamente di restare al loro posto fino alla fine; in essi si sviluppò una forte spiritualità martiriale radicata nella prospettiva di sacrificare se stessi e offrire la propria vita per una società riconciliata e di pace». 

Contemplando questi nuovi Beati siamo invitati allora «a rallegrarci ed esultare, perché in essi vediamo risplendere il mistero dell’eterna santità di Dio» che essi «hanno testimoniato fino all’effusione del sangue», ha detto il prefetto dei Santi. «Li ricordiamo come fedeli discepoli di Cristo che sono stati amanti della povertà, sensibili verso la sofferenza, premurosi con gli abbandonati, partecipi dell’angoscia e dell’afflizione dei loro fratelli. Questi eroici testimoni dell’amore di Gesù si sono spinti fino alla radice dell’esperienza che l’uomo fa del proprio limite: l’umiliazione, il pianto, la persecuzione». 

La loro morte, tragica e brutale, «è un seme sparso nei momenti difficili, fecondato dalla sofferenza che porterà frutti di riconciliazione e di giustizia», ha assicurato Becciu. «La comunità cristiana in questo Paese sparge piccoli ma significativi semi di pace. Da questa Beatificazione - è stato il suo auspicio conclusivo -, essa possa sentirsi rafforzata nella sua presenza in Algeria; da questi 19 martiri si rafforzi nella convinzione che la preziosa presenza presso questo popolo è giustificata dal desiderio di essere luce e segno dell’amore di Dio per l’intera popolazione».

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