Papa Francesco ha accettato oggi la rinuncia del vescovo indiano Prasad Galella, pastore della diocesi di Cuddapah. La Sala Stampa della Santa Sede ha comunicato la notizia con poche righe contenute nel bollettino di mezzogiorno, senza fornire ulteriori dettagli. Non si tratta però di una normale rinuncia per raggiunti limiti d’età, considerando che il presule ha 56 anni, ben lontani quindi dai 75 indicati dal Diritto canonico come limite per il “pensionamento” dei vescovi. Dietro alle dimissioni di Galella ci sono infatti uno scandalo pubblico e diverse cause legali.

Alla guida della chiesa di Cuddapah dal 31 gennaio 2008, su nomina di Benedetto XVI, vittima di un rapimento lampo nel 2016, Galella è da settimane al centro di diverse polemiche generate da una denuncia penale per una presunta malversazione di fondi presentata al tribunale di prima istanza dello stato di Andhra Pradesh. Il vescovo ha sempre negato tali responsabilità, affermando che si tratta di azioni per macchiare la sua immagine. 

La denuncia è stata presentata da un gruppo di cattolici nel giugno scorso. Ma sono anni che diversi membri del Dalit Christian Forum, del distretto di Kadapa, inviano lettere al Vaticano per segnalare la «vita immorale» del vescovo, come ha spiegato ai giornalisti Mesa Ravi Kumar, presidente dell’associazione e professore universitario, secondo quanto riferito dal National Catholic Reporter e da Uca News. Queste lettere cercavano di avvertire la Santa Sede della imminente «disintegrazione» della diocesi di Cuddapah poiché, a causa dello scandalo, molti cattolici avrebbero smesso di frequentare le attività della Chiesa. 

Kumar ha inoltre affermato che il vescovo era presente in diocesi appena una settimana al mese, mentre per tutto il resto del tempo spariva per stare accanto - come afferma la stampa locale - alla propria “moglie” dalla quale avrebbe avuto un figlio, attualmente ventenne. Con loro il vescovo condurrebbe un tenore di vita «lussuoso» dopo essersi appropriato indebitamente di fondi della diocesi. Diocesi nella quale, peraltro, si sarebbero verificati in passato anche casi di pedofilia.

L’accusa di avere moglie e figli era trapelata a luglio da una lettera firmata dal prelato e indirizzata ai sacerdoti della sua demarcazione ecclesiastica, in cui riconosceva l’esistenza di una famiglia, ma formulava al contempo accuse contro altri vescovi della sua regione. Galella sostiene che la missiva è stata falsificata attraverso «crimini elettronici».

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