I dati ufficiali si avranno oggi, a bocce ferme, ma già nella tarda serata di ieri le primarie del Pd - nove mesi dopo le dimissioni di Davide Gariglio - davano indicazioni precise: ai candidati in lizza per la segreteria piemontese, ai vertici del partito e a quanti non hanno voluto mancare l’appuntamento con i 168 seggi allestiti in Piemonte.

La svolta

Il primo dato è che rispetto alla consultazione del 2014, quando si misurarono Davide Gariglio, Gianna Pentenero e Daniele Viotti, il numero dei votanti si è praticamente dimezzato: da 25 mila a circa 13 mila elettori, con Torino e la provincia fare la parte del leone. Il secondo elemento è il fatto che nessuno dei tre competitor - Mauro Marino, Monica Canalis e Paolo Furia - è riuscito nell’obiettivo di centrare l’elezione al primo colpo ottenendo il 50 più 1 dei consensi. Il che prefigura il secondo passaggio - questa volta nel perimetro dell’assemblea regionale, a sua volta rinnovata dalle primarie - , per votare il nuovo leader. Quando? Il 23 dicembre, anche se negli ultimi giorni sta prendendo piede l’ipotesi di rimandare questa partita subito dopo le festività natalizie: si deciderà mercoledì, quando la commissione si riunirà per prendere atto dei dati definitivi e proclamare i Componenti dell’Assemblea regionale collegati ai tre candidati.

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Voto disomogeneo

Vedremo. Ad oggi il quadro è quello di un voto piuttosto disomogeneo sul territorio, che vede Marino - parlamentare dal 2004, renziano ma con appoggi da parte di altre mozioni nazionali, attento a tenersi alla larga dalle candidature nazionali proponendosi in una dimensione piemontese - in vantaggio con il 41 per cento delle preferenze sulla cattodem Monica Canalis (voterà Martina al congresso nazionale) e su Paolo Furia (della sinistra orlandiana e oggi a sostegno di Zingaretti). In vantaggio ma non abbastanza per centrare il traguardo al primo colpo: Canalis tiene con il 22,5 per cento, Furia è una rivelazione e sfiora il 36 per cento. Dunque, si va ai tempi supplementari.

La lezione dei numeri

In ogni caso, il vero elemento di riflessione per i vertici del partito è quello dell’affluenza rispetto alle primarie di quattro anni fa. Ora: è vero che dal 2014 molta acqua è passata sotto i ponti del Pd, e del Paese. Proprio per questo, il dato dei votanti è la rappresentazione plastica di un partito che anche a livello locale sconta una serie di deficit. Senza considerare quelli che si riverberano dal Pd nazionale, ulteriormente indebolito dal ritiro di candidati eccellenti come Marco Minniti e dalle voci di una nuova scissione, questa volta da parte di Renzi.

Significa ripartire quasi da zero cambiando passo, e in fretta. Perchè a maggio in Piemonte si vota e Chiamparino, che sta conducendo la campagna elettorale in splendida solitudine, ha bisogno di un partito vero alle spalle per sperare quantomeno di giocarsi la sfida con il centrodestra a trazione leghista. Insomma: chiunque diventerà il nuovo segretario del Pd subalpino dovrà essere in grado di declinare in modo unitario i programmi dei tre candidati che si sono sfidati alle primarie. Possibilmente, restituendo passione agli iscritti: quelli che hanno votato e soprattutto quelli che ieri sono rimasti a casa. A costo di smarcarsi dai cortocircuiti e dai regolamenti di conti del partito nazionale per provare a costruire in Piemonte qualcosa di veramente nuovo.

«Clima diverso»

«Non è affatto da sottovalutare che oltre 13 mila persone siano andate a votare, anche se evidentemente nel calo delle partecipazione rispetto a quattro anni fa incide un clima politico molto diverso da allora, come dimostrano anche le difficoltà del Pd a livello nazionale - commenta Sergio Chiamparino -. Non bisogna nascondersi le difficoltà, ma sfido a dimostrare che ci sia un’altra formazione politica in grado di portare più di 13 mila persone alla vigilia di festività importanti a pronunciarsi sulla scelta del proprio segretario regionale. Visti gli esiti, mi auguro che sulla base dello statuto si trovi rapidamente una soluzione la più ampiamente unitaria, tale da rafforzare il lavoro che stiamo facendo per costruire una alleanza per un sì al Piemonte che dice sì, contro chi vuole mettere il Piemonte in un angolo».

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