A distanza di 30 anni da quello del 1989 sarà ancora la città polacca di Wroclaw (in tedesco Breslau, per noi Breslavia) ad ospitare per la terza volta l’Incontro dei giovani organizzato dalla comunità di Taizé per il 2019 (la seconda fu nel 1995). L’annuncio del ritorno in Polonia - sede anche degli incontri a Varsavia (1999) e Poznan (2009) - è stato dato dal priore, frère Alois nel corso della meditazione di domenica sera nell’ambito del 41° raduno dei giovani che si era aperto il 28 dicembre a Madrid.

Un incontro, quello che si sta concludendo in queste ore nella capitale spagnola, che ha registrato, come da tradizione, la partecipazione di migliaia di giovani (l’organizzazione parla di circa 15mila) provenienti perlopiù dai Paesi europei, cui si affiancano da qualche anno gruppi dai Paesi mediorientali e nordafricani. 

Ospitati, grazie ad un’organizzazione efficientissima, in famiglie, conventi e strutture parrocchiali, i giovani hanno trascorso giorni (soprattutto sere e, per molti, anche notti) tra incontri, meditazioni e tanta preghiera: occasione per allacciare o rinsaldare legami di amicizia e fraternità tra religioni ed etnie diverse, animati dallo spirito che ha mosso il fondatore della comunità di Taizé, frère Roger Schutz, in pieno conflitto mondiale a radunare in preghiera alcuni fratelli sulle colline francesi nei pressi di Cluny con l’autorizzazione, firmata poi nel 1948, dall’allora nunzio apostolico a Parigi, Angelo Roncalli. «Si passa per Taizé come si passa davanti ad una sorgente, aveva affermato Giovanni Paolo II nel corso della sua visita nel 1986, il viaggiatore si ferma, si disseta, poi riprende il suo cammino».

Per cinque giorni giovani cattolici, protestanti e ortodossi, a partire dal 1978, s’incontrano dal 28 dicembre a Capodanno per testimoniare che la divisione tra le chiese si può superare nel nome dell’unico Gesù che a Betlemme ha assunto la natura umana per indicarci la nostra comune dignità e l’essere parte di un’unica famiglia nel mondo. Un tema che quest’anno ha assunto un significato particolare per il titolo scelto dal priore, Frère Alois, nella suo messaggio per il 2019 “Non dimentichiamo l’ospitalità!”, a partire dal passo della Lettera agli Ebrei: «Non dimenticate l'ospitalità; alcuni, praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli» (Eb 13,2).

«L’ospitalità è un valore fondamentale per ogni essere umano. Tutti noi siamo venuti alla vita come piccoli bambini fragili che avevano bisogno di essere accolti per vivere, e questa esperienza fondamentale ci segna fino all’ultimo respiro – aveva detto nella Chiesa della Riconciliazione gremita il priore di Taizé la sera del 28 dicembre - La motivazione per scegliere di esercitare l’ospitalità risiede nella convinzione che la nostra stessa vita è un dono che abbiamo ricevuto. L’ospitalità ci avvicina al di là delle differenze e persino delle divisioni che esistono tra i cristiani, tra le religioni, tra credenti e non credenti, tra popoli, tra opzioni di vita o opinioni politiche. Certo, l’ospitalità non cancella queste divisioni, ma ce le fa vedere sotto un’altra luce: ci rende adatti all’ascolto e al dialogo».E all’interno di questo dialogo si colloca la nuova tappa di Madrid (la 41° dal 1978) del “pellegrinaggio della fiducia sulla terra”, un’avventura interiore, come la definiscono a Taizé, per promuovere la fiducia negli altri, la fiducia in noi stessi e la fiducia in Dio, tre realtà intimamente legate.

«La fiducia non è né cieca né ingenua o sognatrice, essa sa discernere il bene e il male. Ma è la certezza che in qualsiasi situazione, anche nelle tenebre, un cammino di vita può aprirsi. La fiducia non è passiva, è una forza che ci spinge in ogni situazione a fare un ulteriore passo in avanti per vivere in pienezza e per aiutare gli altri a vivere più pienamente. Essa stimola l’immaginazione, dà il coraggio e il gusto di rischiare» spiegava frére Alois ai giovani aggiungendo che «tutti sappiamo anche cosa significa mancare di fiducia. La fatica, gli insuccessi, l’amicizia tradita, la violenza, i disastri naturali, la malattia, tutto questo corrode la fiducia». Ma «perché la fiducia nasca e rinasca in noi, abbiamo bisogno di qualcuno che si fidi di noi, qualcuno che ci accolga, che offra la sua ospitalità».

E della «sfida dell’ospitalità» aveva parlato anche Papa Francesco nel messaggio a firma del Segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, il quale affidava ai giovani il mandato a «farsi prossimi a questa umanità ferita e a coloro che sono messi allo scarto, rigettati ed esclusi, piccoli e poveri» esortando a «promuovere una cultura dell’incontro», accogliendosi «gli uni gli altri nel rispetto delle differenze». 

Ma, sempre come da tradizione, sono stati tanti i messaggi di leader religiosi e politici pervenuti nel corso dell’Incontro. Particolarmente gradito quello del segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, che ha ricordato ai convenuti a Madrid di aver partecipato da giovane studente agli incontri di Taizé dei quali conserva ancora il «vivido ricordo dello spirito ecumenico che caratterizza le riunioni». «Taizé incarna in molti modi tutto ciò che è meglio nel movimento ecumenico» aveva sottolineato nel suo messaggio anche il segretario generale del Consiglio Mondiale delle Chiese, rev. Olav Fykse-Tveit.


«Vi state incontrando in un momento di sfide e incertezze di fronte a cambiamenti climatici, conflitti, crescente disuguaglianza e crescente intolleranza – ha scritto Guterres ricordando con soddisfazione anche gli ultimi eventi di cooperazione internazionale - ma è anche un'era di opportunità, con venti di speranza che scorrono in tutto il mondo, inclusa la recente adozione del Global Compact on Migration e i risultati positivi della conferenza sul clima in Polonia». Per concludere: «Tutti abbiamo un ruolo da svolgere nel far progredire gli obiettivi dello sviluppo sostenibile e costruire un futuro migliore per tutti».

Dello spirito di Taizé ha scritto loro anche il patriarca ecumenico Bartolomeo: «Gli Incontri europei sono prima di tutto un modo per venire a contatto della ricchezza di una fede condivisa, testimoniata dalle diverse culture e dalle civiltà che essa ha plasmato nel tempo. Ma non c'è vero incontro senza lo spirito dell'ospitalità che lo nutre». Il patriarca ricordava come nella Chiesa ortodossa, la concezione teologica del divino sia un'immagine di Dio, riunione e comunione, ospitalità ed inclusione. Ecco perché la tradizionale icona del Dio-Trinità è una rappresentazione di tre estranei sotto forma di angeli salutati da Abramo sotto la quercia di Mambre, come descritto nel capitolo 18 della Genesi. Senza alcun timore, concludeva Bartolomeo, perché «l’ospitalità è un dono e una grazia».


«È possibile vivere un’ospitalità generosa, imparare ad arricchirsi dalle differenze degli altri e far fruttificare i talenti per divenire costruttori di ponti tra le Chiese, le religioni e i popoli» scriveva Parolin. Dell’ospitalità, come valore che caratterizza anche la comunità civile, ha parlato anche il sindaco di Madrid, Manuela Carmena sottolineando come la capitale spagnola (sede lo scorso novembre di un forum internazionale sulla violenza urbana e la promozione di una convivenza pacifica) sia «una città aperta, multiculturale, tollerante, una città sicura e accogliente il cui simbolo è due braccia che abbracciano chiunque venga a trovarci». «Senza questa esperienza di fraternità, senza abbracciare il fratello come ci abbraccia Dio, non è possibile costruire l’Europa. Saremo divisi, ognuno sul proprio territorio, con delle frontiere, e senza i ponti che il Signore chiede a noi tutti di edificare» ammoniva l’arcivescovo di Madrid, il cardinale Carlos Osoro Sierra. 

«Noi fratelli di Taizé, ci aspettiamo molto da questo incontro europeo a Madrid. Il nostro ardente desiderio è che risvegli la speranza», rivelava ai giovani il Priore, 64 anni, originario della Baviera, ma vissuto a Stoccarda. «Di fronte alle grandi difficoltà e alle sfide del nostro tempo, alcuni sono presi dallo scoraggiamento e dalla disillusione. L’esperienza di condivisione e comunione che stiamo facendo in questi giorni potrebbe incoraggiarci a guardare al futuro con speranza». Per questo è quanto mai necessario «costruire relazioni, costruire ponti al di là di ciò che divide, ecco ciò di cui hanno bisogno le nostre società. Una società non può sopravvivere senza la fiducia tra le persone che la costituiscono. La fiducia consente un dialogo su ciò che divide. La fiducia può arrivare a rispettare e persino apprezzare le peculiarità dell’altro» perché «apparteniamo tutti alla stessa famiglia umana» e più che mai «abbiamo bisogno l’uno dell’altro». Solo in tal modo «tante domande - pensate solo alle enormi sfide ecologiche - possono trovare una risposta solo se lavoriamo insieme, superando i confini».

Dopo l’esperienza di condivisione fraterna di questi giorni - momentanea sì, ma viva e reale - i giovani torneranno alle loro case con la convinzione che «la fiducia è possibile tra le persone più diverse» e che «la Chiesa può essere un luogo che consente a questa fiducia di crescere», proprio la Chiesa, «chiamata ad essere un luogo di amicizia, un’amicizia che sta crescendo sempre più» che in questi giorni mostra un’immagine della sua universalità e che «ci permette d’intuire che i cristiani possono promuovere la globalizzazione con un volto umano, una responsabilità speciale per loro».

Iniziamo allora da quanto è alla nostra portata, suggerisce frére Alois. Cerchiamo come le nostre comunità locali possano aprirsi di più. Andiamo incontro a chi è diverso da noi: i più poveri, gli immigrati, i cristiani di altre confessioni, i credenti di altre religioni, quelli che non credono.

«L’attenzione alla solidarietà umana è inseparabile dalla vita interiore». Per vivere questa apertura, prima di tutto dobbiamo metterci in ascolto degli altri: cominciamo con il capire l’altro, comprendere le situazioni spesso complesse. Di qui alcuni suggerimenti, o “proposizioni” come si chiamano a Taizé: mantenere viva la speranza, essere attenti alla presenza di Dio nel quotidiano, riconoscere i doni ricevuti e accettare i propri limiti, trovare nella Chiesa un luogo di condivisione e amicizia, esercitare generosamente l’ospitalità in qualunque forma, dall’accoglienza ai migranti alla cura del pianeta, la nostra casa comune.

Oltre all’annuncio del prossimo incontro nella cittadina polacca sull’Oder, capitale storica della Slesia, in risposta all’invito dell’arcivescovo cattolico Kupny, dal vescovo luterano Bogusz e dal sindaco («mentre la costruzione dell’Europa incontra oggi forti resistenze, l’incontro in Polonia può contribuire alla fiducia in questo progetto» scrive la comunità di Taizé sul sito) – presenti a Madrid il presidente dei vescovi di Polonia, monsignor Wojciech Polak, arcivescovo di Gniezno, e il vescovo ausiliare di Wrocław, Andrzej Siemieniewski - il Priore ha confermato gli altri appuntamenti previsti per il 2019. 

Dal 22 al 26 marzo le Chiese in Libano e il Consiglio delle Chiese in Medio Oriente daranno il benvenuto all’Incontro ecumenico internazionale dei giovani organizzato dalla comunità di Taizé a Beirut dove confluiranno un migliaio di giovani di età compresa tra i 18 e i 35 anni provenienti da Europa e Medio Oriente. Dal 25 agosto al 1° settembre una Settimana speciale dedicata ai giovani dai 18 ai 35 anni che sarà preceduta da un Fine-settimana di amicizia tra giovani cristiani e musulmani, dal 22 al 25 agosto. E infine a settembre in Sudafrica la prossima tappa africana del Pellegrinaggio della fiducia, anticipo dell’Incontro internazionale di Breslavia dal 28 dicembre 2019 al 1° gennaio 2010.

«Il Sudafrica è molto lontano dall’Europa, ma siete tutti invitati, dal 25 al 29 settembre, per un incontro di giovani all’estremità dell’Africa, a Città del Capo» è l’appello di frère Alois.   

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