Il Vaticano era in possesso fin dal 1943 di documenti probatori sugli abusi e i crimini commessi da Marcial Maciel Degollado (1920-2008), il fondatore dei Legionari di Cristo, che rimasero però nascosti. Lo ha rivelato il cardinale brasiliano Joao Braz de Aviz, 71 anni, prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata in una intervista alla rivista spagnola Vida Nueva che afferma, senza mezzi termini: «Chi lo ha coperto era una mafia, non rappresentava la Chiesa». «Ho l’impressione che le accuse di abuso cresceranno, ci siamo nascosti per tutti questi anni anni ed è stato un errore enorme», ha detto il porporato. 

È noto che il processo sugli abusi di Maciel - colpevole di una doppia vita con figli da diverse donne, abusi sessuali su giovani seminaristi, tossicodipendenza - fu tenuto per molto tempo fermo in Vaticano, grazie soprattutto alle sue amicizie in alto grado, e a sbloccarlo fu Joseph Ratzinger, già prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, una volta diventato Papa.

Fu solo il 19 maggio 2006, dopo un’indagine durata più di un anno, ma con denunce che risalivano già al 1956, che l’ex Sant’Uffizio - risparmiandogli comunque il processo canonico per «età avanzata e salute cagionevole» - inflisse a Maciel, ormai 86enne, la pena della rinuncia ad ogni ministero pubblico e gli impose «una vita riservata di preghiera e di penitenza» per gli abusi sessuali e i delitti di pedofilia continuati per decenni su numerosi seminaristi della sua congregazione e per averne successivamente assolti alcuni in confessione. Per quest’ultimo delitto era già incorsa la scomunica latae sententiae. La decisione fu approvata personalmente da papa Benedetto XVI.

Come si apprende però dalle ultime dichiarazioni di Braz de Aviz, la Sede pontificia era in possesso delle prove di colpevolezza del fondatore dei Legionari già da oltre 60 anni.

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