Roberto Fico ha dato una mano a Luigi Di Maio. È chiaro che l’ha data volentieri, visto che, fosse stato per lui, il presidente della Camera avrebbe aiutato tutti i 49 migranti ancora a bordo delle navi Sea Watch e Sea Eye in acque maltesi, e non avrebbe limitato l’accoglienza in Italia soltanto a donne e bambini, come invece proposto dal vicepremier . Ma tant’è: «Sono convinto che l’iniziativa presa da Di Maio sia un segnale importante e ne sono contento. Allo stesso modo credo che l’Italia non debba essere lasciata sola». Non poteva sapere, Fico, che qualche ora dopo Di Maio si sarebbe indurito di nuovo: «L’Ue dia l’input a Malta per farli sbarcare. Altrimenti non possiamo prendere neanche i bambini». A un passo dalla negazione di quanto detto prima, Di Maio è sembrato insensibile al sostegno di Fico che va ad irrobustire soprattutto la linea di chi si rivede nelle posizioni anti-leghiste del numero uno di Montecitorio.
È una fronda che raccoglie soprattutto i malumori di parlamentari del Sud, pronti a dare nuova battaglia sulle altre due leggi care a Matteo Salvini, legittima difesa e autonomia regionale di Emilia, Veneto e Lombardia. Gli uomini di Di Maio che tengono la conta del gruppo parlano di almeno una trentina di deputati che chiederanno una modifica alla formulazione della legittima difesa già approvata in Senato a fine ottobre. Il grosso dei ribelli a Montecitorio è rappresentato dai diciotto deputati che firmarono una lettera per cambiare proprio il decreto Sicurezza ritornato al centro del dibattito e bersaglio della disobbedienza civile dei sindaci di centrosinistra. Ma dietro questa pattuglia di irriducibili si agitano altri parlamentari convinti che sia sbagliato appiattirsi sulle posizioni della Lega.Ed è con un occhio a questi focolai di rivolta che Salvini sembra voler inchiodare il M5S alle sue responsabilità quando, ai «compagni di governo», riconosce «serietà e coerenza. Io da solo non sarei riuscito a fare sull’immigrazione quello che stiamo facendo insieme».
Sulla legittima di fesa, gli argomenti che i grillini sono intenzionati a portare in commissione per cercare di alleggerire la norma sono gli stessi contenuti negli emendamenti raggruppati dal senatore Francesco Urraro e poi fatti accantonare da Di Maio per ragioni di governo. I 5 Stelle tenteranno di scardinare la tesi che riconosce «sempre» la sussistenza della proporzionalità tra offesa e difesa, limitando «lo stato di grave turbamento» ampliato dalla Lega per eliminare la punibilità dell’«eccesso colposo».
Visti i numeri alla Camera quella della «brigata Fico» potrebbe ridursi solo una battaglia simbolica. Ma testimonierebbe comunque il crescente malcontento dei grillini convinti che sia arrivato il momento di agire. Un’onda che si andrebbe a ingrossare con il passaggio della legge sulle Autonomie che vede all’interno dello stesso M5S una contrapposizione tra eletti del Sud, soprattutto campani (i siciliani hanno già uno statuto speciale), e chi al Nord si era battuto per ottenere questa mini-devolution. Sta di fatto che, passata la manovra, il Movimento comincia a ribollire di rimorsi e rivendicazioni.
I senatori dissidenti che flirtano con l’espulsione, tengono sempre molto alto il volume delle loro contestazioni. Non piace la «leghistizzazione» o «salvinizzazione», a loro dire, di Di Maio, frutto di sondaggi sbandierati come sacre scritture che certificano il sostegno degli italiani alle dure politiche migratorie di Salvini. Un’influenza che avrebbe permeato anche la gestione del reddito di cittadinanza «concepito - ha detto ieri il leader- per gli italiani, bypassando le normative Ue». Per questo in tanti sono rimasti sorpresi dalla disponibilità di Di Maio all’accoglienza dei migranti, anche se in versione soft. Salvini però non si muove di un millimetro: «Non cediamo ai ricatti». Il leghista chiede che i migranti sbarchino a La Valletta. O se ne facciano carico olandesi e tedeschi, visto che le Ong sono di queste nazionalità. Da Berlino è arrivato un segnale: il governo è disposto ad accogliere i 49 migranti ma solo nel quadro della solidarietà europea. Se cioè si procederà a «una equa divisione» tra gli stati membri.
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