Nel primo round sulle riforme istituzionali, alla fine la spunta la Lega che riesce a mettere in scena il primo grande patto tra maggioranza e opposizioni: in commissione Affari Costituzionali sulla legge che introduce il referendum propositivo, passa un emendamento del Pd per inserire una forma di quorum. Novità importante che i grillini non avevano previsto nella versione originaria. Ma grazie alla spinta del Carroccio, fa breccia nella maggioranza l’emendamento del dem Ceccanti per il quale il referendum, sia propositivo che abrogativo, è valido se gli elettori che votano sì sono oltre il 25% degli aventi diritto.

La relatrice Fabiana Dadone dei 5Stelle dà parere positivo anche a un secondo emendamento di Ceccanti, per il quale la legge attuativa deve essere di rango costituzionale e dovrà quindi avere la maggioranza assoluta dei voti nelle Camere. Come ovvio tutti tirano la coperta dalla propria parte: il ministro per la Democrazia diretta Fraccaro rivendica la modifica passata in commissione come un successo, perché «non si prevede alcun quorum strutturale, cioè il numero di aventi diritto che devono partecipare alla consultazione per renderla valida, proprio al fine di salvaguardare il principio che a decidere sia chi partecipa e non chi sta a casa». E il capogruppo grillino gli fa eco, «decide chi partecipa, così ci sarà meno astensionismo e più valore al voto». I Dem non stanno nella pelle per quello che considerano un grande successo politico, l’aver sventato il referendum senza quorum che avrebbe fatto valere le ragioni di minoranze organizzate. E la Lega gongola senza strepitare troppo, «l’accordo ci soddisfa in pieno», dice il capogruppo in Commissione Igor Iezzi, «siamo riusciti a trovare un compromesso su questioni fondamentali».

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