Il ritiro delle truppe americane dalla Siria è cominciato. Dopo la conferma del segretario di Stato Mike Pompeo, che ieri dal Cairo aveva ribadito «il presidente Trump ha preso una decisione, il ritiro ci sarà», oggi anche ufficiali del Pentagono, rimasti anonimi, hanno rivelato al Wall Street Journal che l’operazione è già in corso. Il quotidiano statunitense riferisce di movimenti di navi, portaerei e da trasporto, che rimporteranno in patria soldati ed equipaggiamenti. Il gruppo navale «guidato dalla nave d’assalto anfibia Uss Kearsarge» è diretto verso la regione del Medio Oriente e «avrà il compito di proteggere le truppe nel momento delicato, più vulnerabile, quando lasceranno il Paese», hanno precisato i funzionari.

La Uss Kearsarge trasporta centinaia di Marines, elicotteri, e aerei. “Niente è cambiato – hanno puntualizzato gli ufficiali -. Non prendiamo ordini da Bolton”. Il riferimento è al Consigliere alla Sicurezza John Bolton, che nel suo viaggio in Israele e Turchia aveva posto condizioni al ritiro americano e in qualche modo suggerito che non ci fossero scadenze temporali. Il presidente Donald Trump aveva prima parlato di “30 giorni” poi si era corretto e aveva indicato una scadenza entro “120 giorni”, cioè per la fine di aprile. Questo perché i generali del Pentagono gli hanno spiegato che non era possibile ritirare le truppe in sicurezza in un solo mese.

Ma all’interno della Casa Bianca si sono manifestate resistenze tali che hanno portato alle dimissioni del segretario alla Difesa James Mattis. Lo stesso Bolton ha cercato di convincere Trump a cambiare idea. Si è anche scontrato con il presidente turco Recep Tayyop Erdogan, che si è rifiutato di riceverlo durante la sua tappa ad Ankara all’inizio della settimana. Bolton ha però messo a punto una serie di condizioni al ritiro, prima fra tutte la garanzie che gli alleati dell’America in Siria, cioè i guerriglieri curdi dello Ypg, non saranno attaccati dalla Turchia. Washington vuole anche distruggere gli ultimi nuclei dello Stato islamico nella valle dell’Eufrate e ottenere concessioni sulla presenza di forze iraniane in Siria. Lo stesso Pompeo ha ribadito che gli Usa lavoreranno affinché l’Iran le ritiri “fino all’ultimo stivale” e questo sarà possibile anche senza la presenza di un contingente statunitense in Siria.

Il Pentagono ha confermato che «gli Usa ritireranno le loro truppe in una maniera forte, deliberata e coordinata», cioè che non lo fanno per una sconfitta strategica ma per una decisione politica. Washington si assicurerà che «le forze che hanno combattuto al fianco della Coalizione contro l’Isis non verranno messe in pericolo». Il riferimento è ancora una volta ai curdi. Fonti da Kobane, nel Nord della Siria, hanno confermato che «alcuni materiali» delle forze armate statunitensi sono già stati spostati verso il confine con l’Iraq. I movimenti vengono anche confermati da fonti turche. I funzionari che hanno trattato con Bolton hanno ricevuto però un documento riservato, articolato in cinque punti, con le condizioni Usa per il completamento del ritiro, a partire dalle garanzie per i combattenti curdi dello Ypg. Gli Stati Uniti hanno costruito sedici basi militari nella regione detta del «Rojava», a forte popolamento curdo. Tre di esse, compresa quella vicina a Kobane, sono dotate di piste per l’atterraggio di aerei da trasporto.

I commenti dei lettori