Costretti a lavorare 12 ore al giorno e a iscriversi al sindacato. Il tutto a fronte di una retribuzione inferiore alla metà rispetto a quella prevista dal contratto collettivo nazionale e all’ubbidienza di regole disumane senza la garanzia dei più elementari diritti. Questo dovevano sopportare i migranti sfruttati dall’organizzazione smantellata stamane a Latina dalla Polizia e che ha portato a sei arresti. La misura cautelare, eseguita dai poliziotti della Squadra Mobile e del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato, ha raggiunto, tra gli altri, un sindacalista ed un ispettore del lavoro operanti nella provincia di Latina.

L’obbligo di iscrizione al sindacato, dietro la minaccia del licenziamento, veniva fatta affinché quest’ultimo «percepisse non solo le quote di iscrizione ma anche ulteriori introiti economici connessi alla trattazione delle pratiche finalizzate ad ottenere le indennità di disoccupazione». I migranti venivano trasportati nei campi a bordo di pulmini sovraffollati, privi dei più elementari sistemi di sicurezza. Il sistema era retto anche grazie alla copertura di esponenti sindacali e dell’Ispettorato del lavoro infedeli. Oltre ai sei arrestati, vi sono ulteriori 50 indagati, tra cui imprenditori agricoli, commercialisti, funzionari ed esponenti del mondo sindacale, che avrebbero dovuto vigilare sulla legalità nel mondo del lavoro e tutelare i lavoratori.

I commenti dei lettori