La rotta del Mediterraneo centrale sembrava si fosse svuotata di migranti, visti i numeri esigui di sbarchi degli ultimi mesi e i proclami della politica. Venerdì, però, l’ennesima tragedia ha ricordato che quel tratto di mare resta il più mortale al mondo. Un gommone con 120 persone a bordo è affondato. I sopravvissuti sono tre. Gli altri 117 migranti, e tra loro donne e bambini, sono ufficialmente dispersi. Ma non ci sono dubbi che siano morti tutti annegati. A riferirlo sono stati i tre giovani salvati dalla Marina militare italiana e portati nell’hotspot di Lampedusa. La procura militare di Roma e quella ordinaria di Agrigento hanno aperto inchieste.

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha espresso «profondo dolore per la tragedia». Il premier Giuseppe Conte ha detto di essere «scioccato da questa nuova strage» e accusa i trafficanti di «crimini contro l’Umanità». Ma, come era facile immaginare, la polemica politica non si è fatta attendere, con il ministro dell’Interno Matteo Salvini che tuona: «Il naufragio di ieri è la dimostrazione che se riapri i porti ritornano i morti. Ribadisco, cuori aperti da chi scappa dalla guerra, ma porti chiusi. Si scordino di ricominciare come a Natale e Capodanno». Il ministro si riferiva non solo al naufragio, ma anche ai salvataggi avvenuti ieri al largo di Zuara, uno da parte dell’unica Ong rimasta al momento attiva, la tedesca Sea Watch.

Dalla Libia si parte ancora. Tre sono state ieri le operazioni di soccorso nel Canale di Sicilia, per le imbarcazioni localizzate da un aereo dell’operazione EunavforMed-Sophia: gommoni con a bordo da 40 a 60 persone ciascuno, due dei quali raggiunti da motovedette della Guardia costiera libica che hanno riportato indietro i migranti, mentre il terzo è stato soccorso dalla nave umanitaria Sea Watch 3 che ha preso a bordo 47 persone. Dalla Ong è partita la richiesta di un «pos», il porto sicuro dove sbarcare le persone salvate, contattando Libia, Italia, Malta e Olanda, ma si prepara l’ennesima, lunga attesa in mare: «Abbiamo informato tutte le autorità competenti. Ci abbiamo provato; non siamo riusciti a raggiungere la cosiddetta Guardia costiera libica. Siamo in attesa di istruzioni», ha twittato. La risposta di Salvini alla Ong è stata sferzante: «Vada a Berlino e faccia il giro lungo passando da Rotterdam, facendoli scendere ad Amburgo».

L’isola di Lampedusa, dove sono stati portati i tre sopravvissuti del naufragio di venerdì, in queste ore sembra tornata al centro degli sbarchi: 68 migranti, per la maggior parte di origine subsahariana, partiti dalla Libia con una barca in vetroresina, erano stati recuperati all’alba di venerdì dalla Guardia costiera all’ingresso delle acque territoriali; altri 13, stavolta tunisini, sono arrivati fin dentro il porto ieri mattina.

Questi ce l’hanno fatta a non morire in mare. Ma l’Oim, l’Organizzazione per le migrazioni dell’Onu, stima che da inizio anno sono quasi duecento i morti o i dispersi nel Mediterraneo, 140 solo nella pericolosa rotta tra Libia e Italia, altri 53 appena tre giorni fa tra Marocco e Spagna. Negli ultimi 5 anni sono stati 17.644, più della metà di tutti i migranti morti nel mondo. Con o senza navi di soccorso, la presenza o meno di testimoni diretti, quello tra Europa e Africa continua ad essere un mare di dolore e di morte. «Non ci si può permettere che la tragedia in corso nel Mediterraneo continui - dice Filippo Grandi, Unhcr -. Nessuno sforzo deve essere risparmiato, o precluso, per salvare le vite di quanti sono in pericolo in mare». fab.alb.

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