In questi giorni panamensi dice di avere pensato molto alla crisi di Caracas. Invoca una soluzione che rispetti i diritti umani. I venezuelani presenti alla Gmg attendevano le parole del Papa sui drammi del Paese sudamericano, e alla fine sono arrivate, all’Angelus. 

Dice il Pontefice: in questi giorni di Giornata mondiale della Gioventù (Gmg) a Panama «ho pensato molto al popolo venezuelano, al quale mi sento vicino particolarmente unito chiedo in questi giorni. Chiedo al Signore che si cerchi  e raggiunga una soluzione giusta e pacifica per superare la crisi, nel  rispetto dei diritti umani e cercando esclusivamente il bene di tutti gli abitanti del Paese». Il Vescovo di Roma affida il popolo venezuelano alle preghiere alla Vergine di Coromoto, patrona del Paese.

Il Papa all’Angelus ricorda anche l’odierna Giornata della Memoria, alla quale aveva già dedicato un tweet: «Abbiamo bisogno di mantenere vivo il ricordo del passato, delle tragedie passate, e imparare dalle pagine nere della storia per non tornare mai più a commettere gli stessi errori». Invita a «continuare a sforzarci, senza sosta, di coltivare la giustizia, di far crescere la concordia e sostenere l’integrazione, per essere strumenti di pace e costruttori di un mondo migliore».

Il Pontefice ha ricordato anche i ragazzi che sono rimasti vittime nei giorni scorsi in Colombia nell’attentato all’Accademia di formazione della polizia. E anche le vittime dell’attentato oggi nella cattedrale di Jolo, nelle Filippine, «mentre era in corso la celebrazione dell’Eucaristia»: «Condanniamo questa violenza che colpisce questa comunità cristiana. Prego il Signore, principe della pace, affinché converta i cuori dei violenti e garantisca agli abitanti di quella popolazione una pacifica convivenza», dice.

Francesco celebra l’Angelus nella Casa Hogar del Buen Samaritano, che accoglie giovani malati di Aids. Durante la visita aveva affermato: «Il prossimo è una persona, un volto che incontriamo nel cammino, e dal quale ci lasciamo muovere e commuovere: muovere dai nostri schemi e priorità e commuovere intimamente da ciò che vive quella persona, per farle posto e spazio nel nostro andare».

«L'indifferenza ferisce e uccide», ha sottolineato, perché «il prossimo è prima di tutto una persona, qualcuno con un volto concreto, reale e non qualcosa da oltrepassare e ignorare, qualunque sia la sua situazione. È un volto che rivela la nostra umanità tante volte sofferente e ignorata. È un volto che scomoda felicemente la vita perché ci ricorda e ci mette sulla strada di ciò che è veramente importante e ci libera dal banalizzare e rendere superflua la nostra sequela del Signore».

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