Conta ciò che ha detto. «O Costruiamo insieme l’avvenire, o non ci sarà futuro». «È giunto il tempo in cui le religioni si spendano con coraggio per aiutare la famiglia umana a maturare la capacità di riconciliazione». Ma conta soprattutto dove lo ha detto. Il contesto è decisivo per cogliere la portata delle parole di Francesco, primo papa a camminare sul suolo del Golfo. Il Pontefice sta visitando uno Stato confessionale islamico in cui i cristiani e le altre minoranze religiose godono di relativa libertà, ma con dei limiti: le attività religiose devono essere svolte tra le mura dei luoghi di culto, e le chiese non possono avere campane o esibire la croce.


Ecco, il Papa è ospite d’onore degli emiri ad Abu Dhabi. E viene davvero onorato, con una sontuosa cerimonia dietro l’altra, tra aerei che volano con i colori del Vaticano, imponenti ma discrete misure di sicurezza, qualche drone che spunta qua e là. Una pulizia sulle strade che di più non si può , zero cartacce per terra. Ed efficienza in ogni tipo di servizio per il seguito vaticano. Tutto questo, tra lunghi - lunghissimi - suv neri, imponenti grattacieli e hotel extralusso. E il Pontefice riceve anche un riconoscimento, appena creato: il «Premio della Fratellanza Umana».

Attenzione però: Francesco non si snatura nelle sue scelte di forma che sono sostanza. Tra grattacieli, forze di sicurezza imponenti auto di scorta di grossa cilindrata, il Pontefice si sposta con una utilitaria nera.

Francesco arriva alla Gran Moschea dello Sceicco Zayed, una delle più grandi al mondo. Viene accolto dal grande imam di Al-Azhar, Ahmad Muhammad Al-Tayyib, regista dell’islam dialogante, e dai ministri degli Affari esteri, della Tolleranza e della Cultura. Qui incontra - in privato - il Consiglio musulmano degli Anziani: il dialogo dura circa 30 minuti, più del previsto. «Buon segno», dirà il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin. Poi è la volta di un pulmino, per andare al Founder’s Memorial, monumento nazionale che commemora la vita, l’eredità e i valori del fondatore.

È il luogo in cui si svolge l’incontro interreligioso sulla «Fratellanza umana», promosso dal Consiglio Musulmano degli Anziani, con circa 700 leader di varie fedi, in quello che per gli Emirati è l’«Anno della Tolleranza». Il Papa entra tenendosi per mano, da un lato, con l’emiro di Dubai (e primo ministro degli Emirati) Sheikh Mohammed Bin Rashid Al Maktoum, e dall’altro con il Grande Imam, compagno di visita di Francesco in ogni momento. Quelle quattro mani che si stringono sono un’immagine simbolo.

Vengono accolti - con un sottofondo musicale leggero ma evocativo, che contribuisce all’atmosfera da giornata storica - dal principe ereditario, sceicco Mohammed bin Zayed Al Nahyan, e raggiungono insieme il palco. E davanti a prelati, rabbini e imam provenienti da tutto il mondo, il vescovo di Roma esprime il suo avvertimento per l’umanità: non c’è più tempo da perdere. E neanche alternativa: «O costruiremo insieme l’avvenire, o non ci sarà futuro». La fratellanza «umana esige da noi, rappresentanti delle religioni, il dovere di bandire ogni sfumatura di approvazione dalla parola guerra». E invoca: «I diritti fondamentali siano affermati sempre». I nemici dichiarati sono guerre e terrorismo.

Al termine del suo discorso – spesso interrotto da applausi – firma insieme al Grande Imam il documento congiunto sulla «Fratellanza umana», in cui avvertono che nessuno è autorizzato a usare il nome di Dio per giustificare violenze, e affermano che vanno pienamente riconosciuti i diritti delle donne.

Viene raggiunto così l’obiettivo dei padroni di casa: «Servire da palcoscenico per questo evento straordinario».

A quel punto, il sole saluta la giornata, con qualche raggio che illumina di rosso i grattacieli a fianco del Memoriale.

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