La visita di Papa Francesco ad Abu Dhabi è un segno che l’islam sta cambiando, che si «sta muovendo» verso la tolleranza, nonostante le profonde differenze e le realtà che non riconoscono questo processo di dialogo. Il documento congiunto firmato dal Papa con il grande Imam apre nuove prospettive anche nel dialogo interreligioso e istituzionale tra Stati e confessioni religiose in Europa. Un documento che influenzerà i processi di ridefinizione dei rapporti tra religioni e Stati, in una realtà secolarizzata come quella del Vecchio Continente per la costruzione di nuova idea di laicità.  

In questo senso la Francia è il Paese simbolo di questo processo: di antica militanza laicista, il cui attivismo sembra diventare più forte con l’indebolirsi della Chiesa cattolica, il legame tra la religione e lo Stato è regolato da leggi ordinarie, ma soprattutto oggi l’islam in Francia si attesta come seconda confessione religiosa tra la popolazione. Il piano per emendare la “legge del secolarismo” nasce allo scopo di affrontare la vasta riorganizzazione dell’islam d’Oltralpe, come espresso da Macron all’inizio il suo mandato.

Il progetto di riforma della Legge 1905 sulla laicità dello Stato è in discussione da tempo. La prospettiva è quella di realizzare un nuovo accordo tra Stato e mondo islamico, così come rivedere i rapporti con la Chiesa Cattolica e il mondo ebraico e le altre confessioni cristiane e religioni orientali. Per il governo francese sono tre le realtà del mondo musulmano al tavolo di confronto: il Consiglio francese del culto musulmano (Cfcm), l’Associazione Musulmana per l’Islam di Francia (Amif) e l’Unione delle organizzazioni islamiche di Francia (Uoif) in competizione tra loro per assicurarsi il ruolo di principale interlocutore dello Stato.

In particolare gioca un ruolo importante per un islam di Francia organizzato “dall’alto” il consulente Hakim El Karoui, vicino al presidente Macron, autore del saggio L’Islam, una religione francese (Gallimard). Il 23 gennaio nella Grande Moschea di Parigi nell’incontro tra le varie anime dell’islam francese la tensione era palpabile perché il ministro dell’Interno incaricato dei rapporti con le sette, Christophe Castaner, avrebbe identificato come primo interlocutore il Consiglio francese della fede musulmana (Cfcm), organismo di riferimento per lo Stato dalla sua creazione nel 2003 sotto l’egida del presidente Nicolas Sarkozy.

Integrare la comunità islamica, per lo Stato francese, evitando la creazione di società parallele e spegnendo i possibili focolai di fondamentalismo, è una delle principali sfide che i Paesi europei con una consistente popolazione musulmana. Emmanuel Macron si propone di affrontare il problema con un'ambiziosa legge che dovrà regolare l’esercizio del culto nel Paese, ma devo considerare che non sarà facile «repubblicanizzare» l’islam e soprattutto dovrà tenere conto dei rapporti sociali, di dialogo teologico e pastorale già in atto a livello universale e di Chiesa locale che vi sono tra le comunità cristiana, ebraica e musulmana anche in Francia. 

In merito ai contenuti sono tre gli assi privilegiati dal governo: trasparenza nel finanziamento delle moschee e obbligo per le associazioni di adottare lo status di culto previsto dalla legge del 1905; revisione delle disposizioni penali della legge del 1905 per garantire il rispetto dell’ordine pubblico; formazione degli imam in Francia, per liberarsi dall’influenza dell’Islam consolare in Marocco, Algeria e Turchia. La riforma però si trova di fronte ad una difficoltà maggiore: l’islam ib Francia è plurale e diviso.

E tra i seguaci di un’organizzazione islamica “dall’alto” e quelli che sostengono un’organizzazione di culto da zero, lo scontro è aperto. Come accade in altri Paesi europei, Italia compresa, è difficile definire un solo interlocutore privilegiato. Se dal punto di vista teologico e pastorale, il dialogo interreligioso avanza, più complesso resta il rapporto di regolazione statuale che garantisca il principio di laicità per le istituzioni civiche e allo stesso tempo garantisca, oltre alla libertà religiosa espressa in modo plurale dalle comunità legate alle fedi, il ruolo pubblico delle religioni. 

 

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