Il clima sembra quello di «C’eravamo tanto amati». La conferenza stampa unitaria del centrodestra a Pescara riunisce di nuovo allo stesso tavolo Matteo Salvini, Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni, ma, nonostante gli ammiccamenti dei suoi interlocutori, il leader leghista ostenta una freddezza che rasenta l’insofferenza. Salvini e Berlusconi si parlano anche per una decina di minuti lontano dai riflettori, insieme alla Meloni, dietro al palco. Uno dei presenti parla di «fredda educazione» da parte del leader della Lega. Fonti di Fi e della Lega descrivono la chiacchierata «assolutamente cordiale», ma centrata sulle amministrative. Berlusconi, raccontano, avrebbe chiesto chiarimenti a Salvini su alcune voci: «Leggo cose strane sulle tue intenzioni in Basilicata e in Piemonte. Vuoi andare da solo?». Su questo il vice-premier avrebbe dato rassicurazioni: «Assolutamente no, il candidato in Piemonte spetta a Forza Italia». Ma quando durante la conferenza stampa si arriva a parlare di rilanciare l’alleanza a livello nazionale il vice-premier reagisce seccamente: la faccenda riguarda solo le regionali e le amministrative.

Anche la scelta dei posti sembra studiata per marcare la distanza, Salvini a un capo del tavolo e Berlusconi all’estremo opposto, separati dalla Meloni e dal candidato presidente per l’Abruzzo Marco Marsilio. Un attimo prima che parli Berlusconi, Salvini alza gli occhi al cielo e sussurra: «Sperem…». Il leader di Fi ci prova: «Il centrodestra è stato il recente futuro, il presente e sono sicuro che sarà anche il futuro dell’Italia, dell’Ue, dell’Occidente». E quando gli viene chiesto se sarà possibile riunire l’alleanza anche per il governo, il Cavaliere replica: «Ha sbagliato a indirizzare la domanda a me, lo deve chiedere al ministro degli Interni». Anche Giorgia Meloni la butta lì: «Noi lavoriamo per rifondare il centrodestra, continuiamo a credere che in futuro possa esserci un nuovo governo di persone che condividono i valori fondamentali e che si presentano insieme alle elezioni».

Salvini però non usa particolare diplomazia nel rispondere a chi gli parla di rilanciare l’alleanza anche a Roma: «La partita dell’Abruzzo è molto concreta, è molto identitaria, molto… abruzzese. Non è traslabile in altre realtà. Non fatemi fare il “patto degli arrosticini”…». Parole pronunciate con un tono netto, sbrigativo, quasi infastidito. Il centrodestra va bene in regioni e comuni, giusto sostenere insieme la candidatura di Marsilio in Abruzzo, ma il governo nazionale è un’altra storia.

Certo, il leader della Lega non può provocare troppo l’alleato di governo Luigi Di Maio, soprattutto finché non si chiude la vicenda dell’autorizzazione a procedere chiesta dai magistrati per la vicenda Diciotti. Il suo atteggiamento in parte è anche inevitabile. Ma, come raccontato ieri dalla «Stampa», Salvini comincia anche a ragionare su uno scenario che non preveda più Fi, nemmeno in prospettiva, perché alcuni sondaggi riservati gli hanno confermato che la Lega ha più appeal da sola che alleata con Berlusconi.

Una distanza che Salvini ha marcato in tutti i modi: ha accettato la conferenza stampa unitaria, ma il comizio di chiusura in vista del voto di domenica lo ha fatto da solo. L’alleanza con i 5 stelle, assicura, non è in discussione: «Ho firmato un contratto che onorerò fino in fondo, la mia parola vale più di mille sondaggi». Il leader della Lega sa bene che potrebbe essere il M5S a far saltare il tavolo, se le europee dovessero andare troppo male per Di Maio. Ma anche in quel caso il ritorno di fiamma con Berlusconi sembra sempre più complicato.

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