Di ritorno dallo storico viaggio negli Emirati Arabi Uniti, Papa Francesco ha invitato tutti i fedeli a leggere i documenti che ha firmato ad Abu Dhabi con il grande imam Al-Azhar. Un appello che è segno di stima verso il popolo di Dio, che diventa protagonista e non soltanto spettatore del cammino della Chiesa. «L’esigenza prioritaria oggi all’ordine del giorno è che tutto il Popolo di Dio si prepari ad intraprendere «con spirito»una nuova tappa dell’evangelizzazione», come si legge nella costituzione apostolica Veritatis Gaudium, ad un anno dalla promulgazione, il 29 gennaio 2018, dedicata alle università e alle facoltà ecclesiastiche.

Ma non è stato sempre così. Molte volte queste istituzioni sono servite per appropriarsi del sapere come fonte di privilegio e ad allontanare il popolo e separarsi da esso. Un esempio chiaro è la rivolta che avvenne ad Oxford nel 1355 il giorno di Santa Scolastica, proprio oggi 10 febbraio. Una vera e propria battaglia tra gli universitari e i cittadini ai quali si unirono anche i contadini. La scintilla fu un diverbio tra un oste e due studenti arroganti sulla qualità di una birra. Gli universitari godevano di speciali privilegi. Erano direttamente sottoposti alla corona, e questo li rendeva di fatto arroganti e impuniti rispetto alla popolazione che non ne poteva più. Per due giorni ci furono combattimenti violenti con 93 morti e decine di feriti.

Sul campo ebbero la peggio gli universitari, ma come risultato finale si videro accrescere da parte del re i privilegi e i favori rispetto alla popolazione civile che fu umiliata per i successivi 450 anni. La storia, raccontata in breve, mostra un aspetto negativo delle realtà accademiche: costituire un ceto privilegiato e considerare la conoscenza uno strumento di prevaricazione, sia in ambito civile che ecclesiastico.

Per cambiare rotta definitivamente, sulla scia del Concilio Vaticano II, Papa Francesco, con la Veritatis Gaudium invita a rendere le scienze ecclesiastiche una «trama di relazioni e di dialogo» tra tutto il Popolo di Dio e la famiglia umana. Pur facendo un breve accenno alla preparazione di una leadership per il mondo attuale, in realtà per il Papa il ruolo delle facoltà ecclesiastiche deve operare una «coraggiosa rivoluzione» in cui il Popolo di Dio deve partecipare pienamente: «uno dei contributi principali del Concilio Vaticano II è stato proprio quello di cercare di superare il divorzio tra teologia e pastorale, tra fede e vita. Oso dire che ha rivoluzionato in una certa misura lo statuto della teologia, il modo di fare e di pensare credente». E «ciò è d’imprescindibile valore per una Chiesa “in uscita”! Tanto più che oggi non viviamo soltanto un’epoca di cambiamenti ma un vero e proprio cambiamento d’epoca».

In questo processo gli studi ecclesiastici non sono chiamati a offrire luoghi e percorsi di formazione solo per i sacerdoti, i consacrati e gli “addetti ai lavori”, «ma costituiscono una sorta di provvidenziale laboratorio culturale in cui la Chiesa fa esercizio dell’interpretazione performativa della realtà che scaturisce dall’evento di Gesù Cristo e che si nutre dei doni della Sapienza e della Scienza di cui lo Spirito Santo arricchisce in varie forme tutto il Popolo di Dio». Qui si specifica in primo luogo il sensus fidei fidelium, tante volte da Papa Francesco indicato come luogo di verità e di infallibile interpretazione; inoltre si cita il magistero dei Pastori, il carisma dei profeti a quello dei dottori e dei teologi.

I criteri di fondo per il rinnovamento e il rilancio del contributo degli studi ecclesiastici ad una Chiesa in uscita sono quattro: il kerygma al centro, cioè l’annuncio delle verità centrali; il dialogo a tutto campo, la comunicazione e la comunione, la «mistica del noi»; «l’inter- e la trans-disciplinarietà esercitate con sapienza e creatività nella luce della Rivelazione»; «fare rete», tante culture e tanti popoli, non un solo modello culturale.

«La teologia e la cultura d’ispirazione cristiana sono state all’altezza della loro missione quando hanno saputo vivere rischiosamente e con fedeltà sulla frontiera». Non significa un disprezzo delle istituzioni dedicate al sapere, dove la riflessione e il discernimento trovano chiarezza e maturazione. Ma la riflessione deve uscire dalle aule e incontrare le persone reali. Sulla frontiera non è possibile diventare arroganti e prepotenti. Si sta sulla frontiera non per escludere ma per accogliere.

 

 

* Don Paolo Scarafoni e Filomena Rizzo insegnano insieme teologia in Italia e in Africa, ad Addis Abeba. Sono autori di libri e articoli di teologia

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