Corso Regina Margherita è uno spartiacque, il confine non soltanto fisico che spacca in due San Donato. È proprio da questo lunghissimo stradone che partono le differenze di un quartiere, territorio unico ma solo sulla carta. Da un lato le palazzine liberty a pochi passi dal centro, dall’altro gli ex capannoni industriali dove un tempo sorgevano la Michelin e le Ferriere Teksid. È rimasto ben poco di quel passato, soprattutto dopo le Olimpiadi 2006, ma tra alto e basso San Donato continua a esserci ben poco in comune. «Qui ci sono almeno due quartieri, ognuno con le proprie differenze, soprattutto sociali» spiega il presidente della Circoscrizione 4, Claudio Cerrato.

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La popolazione

Basta dare un occhio ai numeri per capire di cosa si parla: se l’età media a Torino è di circa 62 anni, nella parte bassa di San Donato si scende quasi della metà grazie a una popolazione composta da giovani famiglie in gran parte straniere. La scuola elementare De Filippo, in via Fossano, ne è la prova: le classi prime sono formate esclusivamente da italiani di seconda generazione. Bambini nati a Torino, ma figli di immigrati dal Nord Africa che hanno deciso di trasferirsi qui dopo la costruzione dei nuovi complessi residenziali. Nella parte alta, invece, la maggior parte degli abitanti è anziana. Pensionati, torinesi da sempre e, in qualche caso, originari del Sud Italia, arrivati a Torino tra gli Anni 60 o 70, quando la città era il cuore pulsante dell’Italia del boom industriale.

L’economia

Uno stacco demografico che si riflette anche sulle attività economiche: le serrande abbassate di via San Donato fanno da contraltare al centro commerciale Parco Doria e agli altri sette supermercati nati a poche centinaia di metri di distanza, quasi satelliti del primo. «La desertificazione commerciale in via San Donato è diventata un problema serio. Moltissimi esercizi non hanno retto alla crisi e hanno chiuso» spiega il presidente Cerrato. Questa strada è quasi un ricordo di quel benessere economico che fu tra negozi chiusi e altri semi deserti che, però, continuano a resistere grazie all’iniziativa di qualcuno che decide di reinventarsi o di puntare sulle proprie peculiarità. I due mondi di San Donato provano a comunicare, ma i pochi chilometri che separano le zone sembrano essere una distanza siderale. Il comitato Dora Spina Tre si occupa prevalentemente dell’area del basso San Donato e parla di una zona dove l’integrazione è fallita. Con la mancanza di servizi per il cittadino e luoghi di aggregazione che rendono il quartiere quasi morto: «Non ci sono uffici postali, poliambulatori e centri dove si possa costruire un minimo di senso di comunità».

Il ponte

Però, l’ex Cartiera di via Fossano o le Raffinerie Sociali di via Fagnano, come ricorda Claudio Cerrato, tengono vivo il quartiere: «Gli educatori, ad esempio, sono riusciti ad allontanare alcuni ragazzini dalla criminalità. C’è una squadra di calcetto composta tutta da magrebini e l’allenatore, quasi per uno scherzo del destino, è un leghista della prima ora». Il ponte tra queste due realtà è il senso di insicurezza che denunciano i residenti. Il giro di prostituzione su corso Regina Margherita o lo spaccio su Principe Oddone contribuiscono ad avvalorare questa sensazione, anche se da oltre un anno nella zona non ci sono stati crimini violenti. La soluzione questa volta potrebbe essere unica, come suggerisce il Comitato: «Alla fine queste criticità non sono soltanto una nostra peculiarità e sono risolvibili. La soluzione sta nel creare un quartiere che metta al centro le persone».

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