Bacchette magiche non esistono e quindi è inutile, anzi, pericoloso farsi illusioni: una piaga radicata come quella degli abusi nella Chiesa non sparirà certo dopo il summit del Papa di febbraio con i presidenti delle Conferenze episcopali di tutto il mondo. L’obiettivo a cui si punta è piuttosto colmare lacune su questioni rimaste da sempre in sospeso come responsabilità dei vescovi, accountability, e trasparenza. 

È realista padre Hans Zollner, il gesuita presidente del Centro per la Protezione dei minori della Università Gregoriana, circa il grande incontro del 21-24 febbraio in Vaticano “La protezione dei minori nella Chiesa”, di cui è membro del comitato organizzatore. Invitato alla Pontificia Università della Santa Croce di Roma, il sacerdote e psicologo tedesco fa un quadro dell’incontro, illustrando i dettagli logistici e il programma, e commentando le grandi aspettative che circondano questo mini-Sinodo voluto dal Papa dopo i continui scandali (Cile e Usa in testa) esplosi lungo tutto lo scorso anno. 

Proprio su questo punto batte il chiodo Zollner, invitando giornalisti e osservatori - numerosi in sala a dimostrazione della grande attenzione sull’evento - a rimanere con i piedi per terra perché «la chiarezza delle procedure e delle norme non risolverà magicamente il problema». Un modo, in fondo, per ribadire quanto già affermato dal Papa sul volo di ritorno da Panama: «Bisogna sgonfiare le aspettative. Perché il problema degli abusi continuerà, è un problema umano, ma umano dappertutto». 

E proprio perché umano - relativo anche a valutazioni errate e formazione debole all’interno dei seminari - il problema abusi necessita principalmente di «un cambio di mentalità». Il dramma degli abusi «è radicato in una realtà molto più profondamente di quello che noi immaginiamo», ha chiarito padre Zollner, ricordando come per nove anni - dal 2001 al 2010 - Joseph Ratzinger, da prefetto della Dottrina della Fede e poi da Papa, ha svolto un lavoro minuzioso per debellare tale piaga. Le riforme introdotte dal Papa emerito «di per sé basterebbero per trattare tutti questi casi», ha detto il sacerdote. Ma se i crimini di abusi e pedofilia hanno continuato a registrarsi in vari Paesi vuol dire che serve ben altro.

Gli Stati Uniti sono un caso emblematico in tal senso: i vescovi pensavano che con l’introduzione di nuove linee guida «tutto fosse risolto e invece non è stato così». Il punto, ha precisato il religioso, è capire «come arrivare al cambiamento dell’atteggiamento e questo è molto più difficile che cambiare una legge». 

Sicuramente si cercherà di trovare una soluzione al dilemma durante i lavori del summit, un evento che «si inserisce in un lungo cammino» che la Chiesa ha iniziato da trentacinque anni ma che risulta del tutto inedito. È la prima volta infatti che in Vaticano si tiene un incontro del genere che richiama a Roma tutti i vescovi presidenti delle Conferenze episcopali e i prefetti delle Congregazioni della Santa Sede. Sì, c’è stata nel 2012 una iniziativa simile alla Gregoriana su spinta di Benedetto XVI ma in quella occasione parteciparono solo i delegati delle Chiese locali e degli ordini religiosi per la protezione dei minori. E, soprattutto, non era presente il Papa che invece prenderà parte a tutti gli appuntamenti del meeting di febbraio: Francesco «si interessa molto, è impegnato e segue da vicino tutta la preparazione», ha confermato Zollner.

Quanto al programma, il gesuita ha spiegato che è stato messo a punto e che ogni giornata è dedicata ad un tema particolare. Nella prima, ad esempio, si discuterà della responsabilità dei vescovi riguardo al loro ministero spirituale, giuridico e pastorale; nella seconda, si parlerà della cosiddetta «accountability», cioè «a chi i vescovi e i superiori maggiori degli Ordini religiosi devono rendere conto», visto che attualmente «un vescovo rende conto direttamente solo al Papa», e dunque individuare strutture, procedure e metodi concretamente applicabili in virtù anche di quella «sinodalità» da sempre invocata da Bergoglio. Infine la terza giornata sarà incentrata sulla questione «trasparenza», sia rispetto alle «procedure interne alla Chiesa» sia «di fronte alle autorità civili, all’opinione pubblica e al popolo di Dio».

Non sono argomenti facili, ha ammesso Zollner. La questione «accountability», in primis. Secondo i meccanismi vigenti, infatti, il Papa dovrebbe visionare oltre 5mila vescovi e per farlo dovrebbe lavorare solo su questo: «Non è possibile», ha detto il presidente del Centro anti-abusi della Gregoriana, «dobbiamo vedere quali metodi siano effettivi e siano applicabili all’interno della struttura della Chiesa cattolica e secondo gli attuali presupposti del diritto canonico». 

Uno dei punti cardine dell’intero evento sarà inoltre la condivisione delle esperienze dei vescovi che hanno incontrato le vittime, come richiesto espressamente dal Papa prima dell’incontro. Oltre ad un questionario, il dialogo con i sopravvissuti era infatti una delle condizioni per tutti i partecipanti: «Incontrare le vittime affinché fossero ascoltate nelle loro lingue, nei loro contesti, capire fino in fondo cosa significa essere ferito profondamente».

È un punto, questo, che sta molto a cuore a Papa Francesco, ha sottolineato Zollner, perché «se si incontra veramente una vittima che sta seduto davanti a noi per un’ora o due o cinque e si ascolta il suo grido di aiuto, il pianto, le ferite che ha subito nella psiche, nel corpo, nel cuore e nella fede, non si può rimanere come prima. Se uno veramente ascolta, ne esce trasformato. Il punto è ascoltare veramente, aprire mente, orecchie e cuore».

Non solo, «in alcune parti del mondo ancora si sente dire e non solo da gente della Chiesa che “da noi questo problema non esiste”», ha osservato il gesuita. «Vuol dire che non se ne parla anche se in tutto il mondo questo fenomeno esiste e purtroppo continuerà ad esistere… Non dobbiamo illuderci che questo male sparirà completamente. Sarebbe pericoloso». Perciò, ha aggiunto, «dobbiamo impegnarci e fare in modo con tutte le nostre forze che non avvenga».

Interpellato dai cronisti Zollner ha anche precisato che il focus della tre giorni sarà centrato principalmente sui bambini, «i più indifesi, le vittime più vulnerabili che non hanno voce». Non solo quelli vittime di pedofilia ma anche coloro che sono «feriti nel corpo, nella psiche e nell’anima» da «guerre, terrorismo, reclutamento forzato nelle milizie». In Medio Oriente e nel nord Africa sono 85 milioni tra bambini e ragazzi: «Chi parla di questi bambini? Chi ne parla?», ha domandato Zollner. 

Nel summit non si prevedono pertanto spazi di discussione sul tema degli abusi sulle donne nella fattispecie suore e consacrate, che sta emergendo sempre più preponderante negli ultimi mesi. La questione figura nell’incontro in Vaticano, ha spiegato il gesuita, ma non sarà uno degli argomenti all’ordine del giorno. Certo è che «se nell’incontro si arriverà ad una prospettiva sistemica e anche ad un cambiamento di atteggiamento, questo avrà ripercussioni sicuramente anche sulla violenza contro le donne e le consacrate».

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