Adesso i leader religiosi hanno la «responsabilità di trasmettere» lo spirito di dialogo vissuto nel Golfo. Quei giorni, e in particolare l’incontro tra papa Francesco e il grande imam di Al-Azhar, Ahamad Al-Tayyb, culminato con la firma congiunta del «Documento sulla Fratellanza Umana per la Pace mondiale e la Convivenza comune», sono una «pietra miliare» che dà coraggio per il futuro. Parola di monsignor Pierbattista Pizzaballa, amministratore apostolico di Gerusalemme dei Latini. 

Lo abbiamo intervistato al Founder’s Memorial di Abu Dhabi: Pizzaballa è uno dei 700 leader religiosi che ha partecipato all’avvenimento con il Pontefice e il Grande Imam.  

Come definirebbe la scena di Francesco e Al-Tayyb nel Golfo?

«Credo che sia una pietra miliare nel rapporto tra cristiani e musulmani. Il fatto che nel cuore del mondo islamico si faccia un incontro di questo genere, si parli di fratellanza tra i credenti delle diverse religioni, della necessità di combattere ogni forma di strumentalizzazione della religione, è molto importante e avrà un impatto determinante nel mondo arabo, che ha bisogno di questi gesti». 

Quali responsabilità hanno adesso le religioni?

«Ce l’hanno soprattutto le leadership religiose: non basta fare gli incontri, bisogna tornare a casa e tramettere quello che si è fatto qui alla propria gente. E questo è enormemente più difficile e non sarà mai un processo lineare, perché tocca la coscienza, la storia, le tradizioni. Sarà un processo complicato. Però abbiamo assistito a una pietra miliare di un cammino che è irreversibile».

Anche negli Emirati il Papa ha parlato di sviluppo: le giornate di Abu Dhabi come potranno incidere concretamente nella vita delle persone?

«Papa san Paolo VI già diceva che sinonimo della pace è lo sviluppo. Se vogliamo la pace non basta fare discorsi di pace e non guardare la realtà del territorio in cui c’è una miseria enorme, con sproporzioni giganti tra ricchezza e povertà. Lo sviluppo che porta con sé anche giustizia sociale e rispetto dei diritti umani vanno insieme, non è un discorso soltanto religioso o solo economico: religione ed economia e politica devono avere ciascuno nei suoi ambiti lo stesso orientamento».

Lei è ottimista per il futuro?

«Il futuro prossimo sarà ancora molto difficile. Ma gesti come quello del Papa e del Grande Imam ci danno coraggio per andare, nonostante tutto, controcorrente verso un avvenire di pace».

 

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