Puntuale, secondo le consegne ricevute, il presidente della Conferenza episcopale austriaca, il cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, ha inviato a Roma un breve video per illustrare la sua esperienza sulla questione degli abusi in vista del vertice promosso da Papa Francesco che si aprirà in Vaticano il prossimo 21 febbraio. E, in linea con l’assoluta trasparenza oggi fortemente indicata dal Pontefice, il video dal tardo pomeriggio di giovedì scorso è presente anche sul sito dell’Arcidiocesi austriaca.

Due minuti e quindici secondi dove il cardinale racconta – in tedesco nonostante tra le sei lingue da lui parlate ci sia anche quella italiana – la sua esperienza di pastore di fronte al tema degli abusi sessuali compiuti da preti e religiosi nei confronti di minori loro affidati. Una conversazione in piedi dal corridoio dell’antico palazzo vescovile: lo stile, colloquiale, è all’insegna di quella pacatezza e affabilità che lo rendono così apprezzato anche al di là dei confini d’Austria e fin giù in Vaticano (basti pensare al ruolo fondamentale da lui ricoperto in occasione dei due Sinodi sulla famiglia, documenti finali ed esortazione apostolica Amoris laetitia).

«Ascoltare le vittime e prestar loro fede»: è questa, secondo Schönborn, la missione oggi fondamentale del pastore nel trattare il tema degli abusi, perché la domanda-chiave è proprio «se siamo disposti o meno a credere a quanto raccontato dalle vittime».

In vista del vertice sugli abusi di Roma del 21-24 febbraio, Francesco aveva invitato tutti i presidenti delle Conferenze episcopali ad incontrare le vittime e quindi riferire sulla propria esperienza. «Ho parlato con molte vittime di abusi negli ultimi trent’anni», ha esordito con lo sguardo velato di tristezza il cardinale Schönborn nel suo messaggio. «La cosa più importante che ho imparato è “ascoltare”. La soglia della paura tra le vittime è molto alta e molte di loro impiegano di solito molto tempo - talvolta anche venti, trent’anni - prima di essere in grado di raccontare dell’abuso subito». «La domanda cruciale è se crediamo in loro», ha detto l’arcivescovo di Vienna, perché, «purtroppo, le vittime di abusi sperimentano sovente l’esperienza di essere ignorate e, soprattutto, che non si presti loro fede».

Il cardinale confessa un’esperienza rivelatasi per lui particolarmente dolorosa. Apprendere dai loro racconti alcune espressioni ricorrenti pronunciate da preti o religiosi abusatori allo scopo di incutere timore e indurre al silenzio: «Ricorda che se parli, fai un torto a Gesù e andrai all’inferno!». Una minaccia, commenta Schönborn, che ha gettato troppo spesso nella disperazione e nello sconforto le vittime in quanto «zittite non solo dalla paura nei confronti del criminale che avevano di fronte, ma anche dal “timor di Dio”». «Superare una tale paura è una delle soglie più difficili. Pertanto, è necessario che le vittime possano finalmente sperimentare l’accoglienza materna della chiesa, l’onestà dell’ascolto e la fiducia in quanto raccontano», ha detto il cardinale.


Parlando con i giornalisti ha poi riconosciuto di condividere in pieno la strategia di Papa Francesco riguardo alla richiesta ai vescovi di incontrare le vittime e inviare a Roma le loro riflessioni così da far conoscere ad ampio raggio la questione. «Oggi per fortuna nella Chiesa le cose sono cambiate e si promuove piuttosto una nuova cultura capace di perseguire i responsabili degli abusi sollecitando altresì la responsabilità dei pastori a non distogliere lo sguardo e, soprattutto, non coprire più i crimini, insabbiando i fatti». Tuttavia non dobbiamo dimenticare che «la “legge del silenzio” è nel complesso ancora molto diffusa», ha ammesso il cardinale, rivelando come in Austria si sia registrata – un po’ come dappertutto - una forte ondata di denunce nell’anno 2010, ma il fenomeno era conosciuto già dal 1995, e come la Chiesa austriaca abbia cercato in ogni modo di implementare in questi anni la prevenzione oltre che, ovviamente, assicurare i responsabili alla giustizia.

Ora, a detta di Schönborn, si ha l’impressione che l’argomento sia globalizzato, come dimostrano movimenti come #Metoo, e il cardinale, abbassando ancora la voce, aggiunge: «Sono convinto che, per quanto sia doloroso, tutto questo possa anche rivelarsi un’opportunità e mi aspetto un grande cambiamento culturale non solo nella Chiesa, ma nell’intera società. E questo sarà un bene per tutti».

Forte di questa convinzione, il porporato ha intensificato nelle ultime settimane gli interventi sul tema così da far conoscere all’opinione pubblica l’appuntamento del prossimo vertice voluto dal Papa. Particolarmente presente su Radio Stephansdom, l’emittente dell’arcidiocesi (legata alla cattedrale di Santo Stefano), disponibile a rispondere alle domande dei media laici, è intervenuto anche su alcune emittenti bavaresi. Il 6 febbraio, alla Bayerischer Rundfunk (BR), ammetteva come la Chiesa cattolica abbia ancora molto lavoro da fare sulla questione degli abusi: «Occorre una maggiore consapevolezza sulla necessità di riforme responsabili e strutturali». Per Schönborn nella Chiesa esistono strutture e mentalità che in sé favoriscono gli abusi: si tratta principalmente di uno squilibrio di potere, una sorta di “dinamica del silenzio” e, cosa niente affatto rara, un'immagine “esagerata” del sacerdozio, che porta ad un’enfasi sulla figura del prete, circondato da un’aura di sacralità e intoccabilità, con il conseguente rischio di autoritarismo, frutto di un clericalismo d’altri tempi. «Esiste ancora il rischio che ad un pastore possa essere permesso tutto».

Al cuore dell’inchiesta televisiva (che ha avuto ampia eco tra Austria e Baviera) un dibattito tra il cardinale Schönborn ed una ex suora che ha raccontato delle avances e successivi abusi sessuali subiti nel 2014 all’interno della comunità da parte di un prete e della sua denuncia rimasta per alcuni anni inascoltata. «Un’esperienza particolarmente dolorosa che pone sotto una nuova luce il ruolo delle suore nella Chiesa», ha risposto il cardinale aggiungendo che in passato la teologia cattolica fosse eccessivamente focalizzata sulla teologia morale con una autentica “ossessione per la sessualità”, mentre altri temi, per fare un esempio tutto l’insegnamento sociale, sono passati colpevolmente in secondo piano.


Sempre in quella sede l’arcivescovo di Vienna ha messo in guardia – come già alcuni organizzatori vaticani - contro le eccessive attese riguardo al prossimo vertice sull’abuso, a suo avviso a causa di una mancata consapevolezza diffusa sul tema («non tutti i vescovi hanno la medesima visione») e della lentezza di quello che lui definisce «il processo di guarigione» all’interno della Chiesa.

 

 

 

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