I mediatori sono quelli che si accomodano per primi dentro la sala, fuori ci sono tutti quelli che invece sono pronti a far ripartire la mobilitazione. Il messaggio finale, dopo una mattinata di discussione, è chiaro. I pastori, si sa, non usano giri di parole: «No alla proposta del governo, no alla bozza d’intesa che è stata scritta sabato scorso. I 72 centesimi che ci hanno proposto non ci bastano». In Sardegna la tregua vacilla e la lotta del latte sembra pronta a ricominciare. E mentre si avvicina il giorno delle elezioni regionali, si risente la minaccia di occupare tutti i seggi.

I pastori non sono ancora stanchi. Più di dieci giorni di battaglia non li hanno sfiancati e oggi - dopo essere andati in massa a donare il sangue all’autoemoteca - hanno tirato le somme di quella specie di referendum che era stato annunciato sabato scorso, al termine del lunghissimo vertice di Cagliari col ministro delle Politiche agricole, Gian Marco Centinaio. La risposta è no: non ci stanno ad accettare i 72 centesimi per ogni litro di latte consegnato ai caseifici. «Ne vogliamo almeno 80, con l’obiettivo di arrivare al tanto agognato euro, grazie alla compensazione pubblica sull’acquisto delle scorte di pecorino invenduto - spiega uno dei mediatori - Il braccio di ferro dunque non è finito. C’è ancora da lottare».

Su come portare avanti questa parte della battaglia i fronti sono divisi. I più diplomatici giovedì saranno di nuovo a Roma e davanti al ministro Centinaio esporranno quella che di fatto è la proposta delle campagne: 80 centesimi o nell’isola sarà di nuovo caos. «Per pagare un quintale di mangime è necessario vendere ben 100 litri di latte - sbotta uno dei pastori che incalza i colleghi incaricati di portare avanti la trattativa - La proposta dei 72 centesimi era l’ennesima presa in giro. La nostra battaglia ha un obiettivo chiaro: non quello di diventare ricchi ma almeno quello di riuscire a sostenere i costi di produzione».

Nei tre giorni di tregua annunciati sabato la tensione nell’isola si è un po’ allentata. Ma i blitz contro le autocisterne cariche di latte si sono ripetuti ancora. Gli incappucciati hanno colpito anche ieri, armati di telefonino per sapere a tutti che non sono disposti a cedere. I presidi davanti ai caseifici, comunque, sono stati smobilitati e le aziende di trasformazione hanno potuto ricomunicare a lavorare e a spedire i prodotti ai clienti di mezzo mondo. Ma qualcuno ha già capito che è il caso di fare in fretta, perché tra gli ovili si sta di nuovo prospettando l’ipotesi di una ripresa delle ostilità. Forse anche prima dell’incontro di giovedì a Roma.

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