Entrata di fagiolini alle mandorle. Il primo, invece, è un risotto al limone. La portata principale: Tajin t’faila: pollo alle mandorle e altre verdure. Per chiudere un dessert al mango. Dietro al menù della cena in programma per stasera alle 20 al ristorante “C’era una volta” non ci sono semplici ricette che si trovano su internet.

Il menù viene fuori dai piatti raccontati nei testi sacri delle religioni: Cristianesimo, Islam, Induismo, Buddismo, e via dicendo. Certo, rielaborati dallo chef, ma la loro origine non cambia. E non sono preparati solo per il piacere della tavola. «Le barriere che dividono i popoli si possono abbattere condividendo le cose di tutti i giorni, come il cibo». Lo raccontano Alberta Mazzone, 43 anni, organizzatrice di eventi commerciali, e Francesco Curto, 33enne avvocato impegnato sul tema del dialogo interreligioso, entrambi volontari di FedInsieme, che hanno messo in piedi Spiritual, una serie di tredici eventi (che partono oggi e arriveranno fino a dicembre) sul tema del confronto tra culture diverse.

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La chiave di lettura: «Siamo abituati a vivere pensando alle differenze in modo da escludere le persone. Se qualcuno ha una disabilità, o viene da un Paese diverso, automaticamente lo consideriamo come lontano. -continua Alberta - Invece noi vogliamo mostrare che che il “prossimo” è molto vicino a noi». Per questo il format delle cene con menù tratti dai libri sacri delle diverse religioni (commentati da una nutrizionista) interpretati dai noti chef del nostro territorio. Così come i dibattiti e i confronti tra i professionisti della scienza occidentali e quelli della medicina orientale, il tutto durante un aperitivo. E una parte musicale (Spiritual Sound) in cui, tra le varie cose, i mantra vengono recitati con i testi delle diverse confessioni. Un progetto che, in un momento in cui la tensione è altissima sul tema dell’immigrazione, acquista una rilevanza particolare: «Avere differenze non vuol dire essere diversi. E speriamo di riuscire a farlo capire con il cibo e la musica. Stando allo stesso tavolo, insomma».

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